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domenica 13 maggio 2012

I segreti della comunicazione positiva

La prima tappa di questo nostro viaggio alla scoperta del pianeta
“comunicazione” non può che cominciare da noi stessi. E’ molto difficile
comprendere gli altri, i loro problemi, i loro sentimenti e stati d’animo e
comunicare con loro se non siamo in grado di riconoscere questi aspetti
prima di tutto dentro di noi.
Tutte le relazioni che instauriamo con gli altri –ed in particolare il loro
esito positivo o meno- dipendono in larga misura dall’armonia o dalla
disarmonia presente all’interno della nostra stessa personalità.
Il modo in cui trattiamo gli altri è il riflesso del modo in cui trattiamo noi
stessi. Più riusciamo a conciliare dentro di noi esigenze e credenze in
conflitto, più facile ci sarà comunicare con gli altri e sviluppare delle
relazioni positive con loro.
Occorre allora innanzitutto sviluppare la nostra comunicazione
intrapersonale, cioè il rapporto esistente tra le diverse componenti
della nostra natura (il corpo, le emozioni, la mente, la spiritualità).
Questa competenza rientra all’interno di una più generale intelligenza
intrapersonale, come la definisce Howard Gardner, autore della teoria
sulle intelligenze multiple. L’intelligenza intrapersonale consiste nella
capacità di sviluppare una percezione accurata di se stessi e di utilizzare
questa conoscenza per progettare e condurre la propria vita.
La persona che ha un’intelligenza intrapersonale molto sviluppata ha
almeno alcune delle seguenti caratteristiche: è consapevole della
variegata gamma delle sue emozioni; trova i modi per esprimere i suoi
sentimenti e pensieri; sviluppa un modello accurato di sé; è motivata ad
identificare e conseguire i suoi obiettivi; lavora in modo indipendente; ha
a cuore in generale la sua crescita e sviluppo personale.
La comunicazione intrapersonale è anche al centro dello schema di Mc
Quail, detto il campo della comunicazione, che distingue i quattro
contesti nei quali la comunicazione può aver luogo:
1. La comunicazione intrapersonale, che corrisponde in pratica al
dialogo tra le varie componenti della nostra personalità;
2. La comunicazione interpersonale, quella che avviene tra due
interlocutori;
3. La comunicazione tra gruppi, molto usata per esempio nelle
aziende quando ci si confronta su di un certo tema;
4. La comunicazione tra istituzioni e organizzazioni di massa, per
esempio la pubblicità o la propaganda politica e istituzionale.
La comunicazione con noi stessi costituisce senza dubbio una premessa
indispensabile per poter comunicare meglio con gli altri. Infatti, molti dei
nostri conflitti interni vengono spesso involontariamente proiettati sugli
altri, provocando incomprensioni, disagi ed inevitabili blocchi della
comunicazione.
In quest’articolo vorrei illustrare cinque diversi atteggiamenti da evitare
quando parliamo con noi stessi. Riconoscerli significa compiere il primo
passo verso il miglioramento del dialogo che abbiamo con noi stessi o
monologo interiore.
Vediamoli qui in dettaglio:
 Focalizzarsi sul problema: questa è l’essenza del lamento. Ci
identifichiamo con il problema, non con la soluzione. E’ invece
opportuno presupporre che molti problemi abbiano una soluzione e
chiedersi: ”Come voglio che questa situazione cambi?”
 Catastrofizzare: ogni situazione negativa che ci si presenta è un
orribile disastro. Invece bisogna essere più realistici nelle
valutazioni e non allarmarsi inutilmente. E’ vero che accadono ogni
giorno imprevisti, eventi sfortunati, errori, ma non necessariamente
si tratta di traumi, tragedie o disastri.
 Aspettarsi il peggio: “E se non le piaccio? E se non supero
quell’esame?”. Aspettarsi il peggio non ci aiuta affatto a
comportarci in modo efficace, ma stimola solo l’ansia. Invece,
formulate delle domande che presuppongano un risultato positivo,
ad esempio “Come posso fare una buona impressione? Come posso
preparami al meglio per l’esame?”
 Pensare per stereotipi: incasellando gli altri (e noi stessi) in
categorie preconcette, evitiamo di pensare alla gente in termini di
individui distinti. Ciò porta a relazioni innaturali, e ci conferisce un
immeritato senso di superiorità o inferiorità, privandoci inoltre della
possibilità di conoscere e comprendere i lati migliori di coloro che
sono oggetto dei nostri pregiudizi. Invece è necessario ricordarsi
che siamo tutti esseri umani, con personalità uniche, ciascuno con i
suoi pregi e difetti.
 Pensare in termini di doveri: “dovrei”, “sarebbe necessario
che”..., “devo”, “è opportuno che...” sono tutte espressioni che, 
usate eccessivamente ed in modo sconsiderato, presuppongono
delle regole e degli standard di comportamento che non esistono
nella realtà. Implicano generalmente delle conseguenze negative se
non ci si adegua. Questo è del tutto plausibile nel caso in cui si
“debba” rispettare i limiti di velocità sulle strade o pagare altrimenti
una multa. Il problema sorge però quando questo tipo di
ragionamento si applica anche ad altre situazioni di vita che non lo
richiederebbero affatto, come quando diciamo a noi stessi “dovrei
essere più intelligente” o “a quest’età dovrei già essere sposata”. In
questi casi è necessario sostituire la parola “dovrei” con la parola
“potrei”, dando così a noi stessi una possibilità di scelta.
Ti proponiamo qui di seguito un semplice esercizio, dal titolo “Sorridere
a se stessi”.
Obiettivo dell’ esercizio: sviluppare empatia verso se stessi.
Procedura:
1. Con gli occhi chiusi inspira ed espira profondamente per un paio di
volte
2. Riprendi poi a respirare come sempre e accogli tutte le sensazioni
che provengono dal tuo corpo. In particolare diventa consapevole
dei piedi, delle gambe, del bacino, delle braccia, del torace ed infine
del volto.
3. Comincia a questo punto a sorridere, come fai sempre quando
sorridi a qualcuno, ma in questo caso rivolgi il sorriso a te stesso/a.
4. Prova poi a divenire serio/a in volto: noti dei cambiamenti nel suo
stato interiore?
5. Prova poi a divenire infuriato in volto: avverti dei cambiamenti nel
tuo stato interiore?
6. Torna nuovamente a sorridere e diventa di nuovo consapevole delle
sensazioni interiori che il sorriso produce in te.
7. Rimani un po’ in silenzio. Quando ti senti pronto/a, riapri gli occhi,
restando ancora un po’ in sintonia con le sensazioni che l’esercizio
ha prodotto in te.
Quali riflessioni suscita in te quest’esercizio?

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