di Giuseppina D’Auria
Il concetto di ambiente è ampio e diversificato. Secondo la Corte
Costituzionale, sentenza del 28/05/87 n. 210, “l’ambiente attiene: alla
conservazione razionale e alla gestione del miglioramento delle condizioni
naturali in tutte le sue componenti (aria, acqua, suolo e territorio),
all’esistenza e preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini; di
tutte le specie animali a vegetali che in esso vivono allo stato naturale, e
alla tutela della persona umana in tutte le sua estrinsecazioni”.[1]
Per la Comunità Europea l’ambiente è un equilibrio biologico, una interazione
tra fattori climatici, ideologici, atmosferici, ecc. Il diritto all’ambiente
affronta misure di salvaguardia alle risorse naturali e si occupa di
regolamentare le fonti energetiche e le materie prime di origine minerale ed
organiche, l’habitat e gli organismi viventi, lo spazio. Il diritto
all’ambiente ha valore di carattere assoluto e generale nonché costituzionale
in quanto “interesse diffuso”. Lo sviluppo sostenibile è un compromesso tra
espansione economica e tutela dell’ambiente. Tali relazioni devono essere tali
da permettere alla vita umana di continuare, agli individui di soddisfare i
propri bisogni e alle diverse culture di svilupparsi in modo tale che le
variazioni apportate alla natura siano rispettose di alcuni limiti, così da non
distruggere il contesto biologico globale. La programmazione sostenibile è la
proiezione dello sviluppo economico, tecnologico e sociale verso mete ed
obiettivi compatibili con la successione ecologica, mentre il rendimento
sostenibile è la corrispondenza tra la velocità con cui l’uomo attinge alle
risorse naturali e quella della loro rigenerazione. E’ innanzitutto da osservare come al termine “sviluppo”,
l’aggettivo “sostenibile” si sia da tempo affiancato in modo implicito: per
avere benessere equilibrio e qualità della vita e poter estendere tali elementi
alle generazioni future, lo sviluppo può essere solo quello definito
“sostenibile”, onde non ripetere i fatali errori del passato. E’ peraltro
fondamentale notare come il concetto di sviluppo sostenibile sia ormai uscito
dall’ambito ristretto dell’esclusiva salvaguardia ambientale, entrando
contemporaneamente nell’ambito più esteso dell’associazione tra salvaguardia
ambientale e sviluppo economico e sociale, in un’ottica meno “integralista” e
più rivolta all’equilibrio tra sviluppo e ambiente.
In tale
ambito più esteso, il territorio, in termini fisici, storici, culturali, emerge
come uno degli elementi base. Rispetto ad esso, il turismo, fattore di
benessere e qualità della vita, non deve tradursi in fattore di degrado:
rispetto, cioè, e non puro sfruttamento, del territorio, dell’ambiente, delle
risorse locali. Il territorio e
l’ambiente costituiscono elementi fondamentali di attrazione per il turista,
rappresentano la ragione principale che lo muove. Quindi il territorio e
l’ambiente rappresentano il patrimonio turistico di una destinazione, di una
regione, di un paese. Il turismo comporta lati negativi anche sul piano umano
poiché i viaggiatori spesso assumono atteggiamenti sbagliati, talvolta di
superficialità o di arroganza, diventando il simbolo di un mondo ricco e considerato
il responsabile della povertà in cui i suoi abitanti vivono. E’ l’impatto
socio-culturale detto anche risvolto antropico del turismo sul territorio.
Nell’ottica di stabilire un equilibrio tra costi e benefici derivanti dallo
sviluppo del turismo, a partire dagli anni Ottanta si sono perfezionati
strumenti di valutazione del rapporto tra flussi turistici e ambiente sotto
forma di indici. I più conosciuti sono: L’indice di densità turistica,
calcolato dividendo il numero delle presenze turistiche relative ad un
determinato periodo per la superficie del territorio e diventa interessante per
confrontare situazioni di località in concorrenza tra loro; L’indice di
funzione turistica che si ottiene dividendo il numero dei posti letto
disponibili destinati ai turisti per il numero dei residenti e in sostanza è un
indicatore dell’importanza del turismo nella località considerata. La
valutazione dell’impatto ambientale (VIA) valuta l’impatto sull’ambiente
determinato da opere umane sul territorio, mentre la carrying capacity
(capienza massima) è la capacità di una regione di accogliere turisti senza che
l’ambiente subisca danni irreparabili.
"Lo sviluppo del turismo deve essere
basato sul criterio della sostenibilità, ciò significa che deve essere
ecologicamente sostenibile nel lungo periodo, economicamente conveniente,
eticamente e socialmente equo nei riguardi delle comunità locali"(da
Conferenza Mondiale sul turismo sostenibile, Lanzarote, 1995)[2].
Un turismo che non guarda al futuro, che brucia i luoghi che tocca, che
distrugge le sue stesse condizioni d'essere, che non pone limiti alla propria
crescita. Perché questo è il problema: i grandi numeri del fenomeno turistico
contemporaneo mettono in discussione le finalità stesse del fare turismo. E
allora tracciare i contorni di un turismo sostenibile non vuole dire condannare
il turismo di massa, ma vuole dire diffondere la consapevolezza che anche per
il turismo esistono limiti, oltre i quali non potremo lasciare ai nostri nipoti
le risorse su cui oggi contiamo.
Il turismo moderno è
diventato un fattore geografico di primaria importanza.
Pensiamo alle coste del Mediterraneo, caratterizzate da una urbanizzazione costiera che quasi non presenta soluzioni di continuità in conseguenza dello sviluppo del turismo balneare di massa.
La cementificazione (sono stati costruiti alberghi, seconde case, infrastrutture di vario tipo) ha stravolto gli equilibri ambientali, modificato la morfologia del territorio, attratto la popolazione dall'entroterra, creato forti squilibri socio-economici. Per contro abbiamo visto le aree montane che delimitano il bacino mediterraneo spopolarsi e cedere al degrado e al dissesto idrogeologico.
”Il turismo ha portato ricchezza e sviluppo ma ha anche generato una pressione ambientale non sostenibile:
1) dove la morfologia del territorio non permette la naturale formazione delle spiagge si è intervenuti più o meno pesantemente con terrapieni, moli, pennelli di cemento (vedi coste della Liguria);
2) dove il mare è inquinato, anziché tentare di risolvere il problema all'origine, lo si è aggirato e sono state costruite piscine e parchi acquatici (vedi la mucillagine dell'Adriatico);
3) quando sullo stesso territorio convergono un'organizzazione territoriale di tipo tradizionale e le strategie dell'economia globale , la prima soccombe alla forza delle seconde”.[3]
Pensiamo alle coste del Mediterraneo, caratterizzate da una urbanizzazione costiera che quasi non presenta soluzioni di continuità in conseguenza dello sviluppo del turismo balneare di massa.
La cementificazione (sono stati costruiti alberghi, seconde case, infrastrutture di vario tipo) ha stravolto gli equilibri ambientali, modificato la morfologia del territorio, attratto la popolazione dall'entroterra, creato forti squilibri socio-economici. Per contro abbiamo visto le aree montane che delimitano il bacino mediterraneo spopolarsi e cedere al degrado e al dissesto idrogeologico.
”Il turismo ha portato ricchezza e sviluppo ma ha anche generato una pressione ambientale non sostenibile:
1) dove la morfologia del territorio non permette la naturale formazione delle spiagge si è intervenuti più o meno pesantemente con terrapieni, moli, pennelli di cemento (vedi coste della Liguria);
2) dove il mare è inquinato, anziché tentare di risolvere il problema all'origine, lo si è aggirato e sono state costruite piscine e parchi acquatici (vedi la mucillagine dell'Adriatico);
3) quando sullo stesso territorio convergono un'organizzazione territoriale di tipo tradizionale e le strategie dell'economia globale , la prima soccombe alla forza delle seconde”.[3]
Da
qualche tempo si era persa la valenza territoriale in senso ampio. Solo nel
recentissimo periodo si è ricominciato ad avere maggiore consapevolezza di
tutto ciò, in modo nuovo, non più legato al territorio in termini
esclusivamente produttivi, ma anche in termini di necessità di tutela, di
recupero, di valorizzazione del territorio stesso e delle sue risorse
ambientali, oltre che produttive, turistiche, economiche.
Ma quanti sono coloro i quali hanno assorbito e fatto
propria questa nuova mentalità? Ancora troppo pochi, forse, per poter affermare
che lo sviluppo (sostenibile) dovrebbe essere guidato al livello locale.
Anche la qualità del rapporto con l’ambiente può essere
certificata. La certificazione della qualità ambientale, secondo le regole EMS
o ISO 14000, permette agli operatori di garantire un rapporto positivo con
l’ambiente. E’ chiaro che questo tipo di certificazione rende più appetibile
qualsiasi struttura e/o destinazione turistica poiché presenta ai clienti una
immagine e uno standard di servizi che garantiscono la compatibilità con le
esigenze ambientali.
A tale scopo sono
nate le iniziative di grandi tour operators, supportate dall’UNEP (il programma
per l’ambiente dell’ONU), dall’UNESCO (l’ente per la salvaguardia di ambiente e
cultura delle Nazioni Unite)e dall’OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo),
per sviluppare e incrementare gli strumenti più appropriati ad assumere il
principio della sostenibilità come punto nodale del proprio business, lavorando
insieme per far conoscere metodi e pratiche compatibili con uno sviluppo
sostenibile. Hanno approntato delle checklist per gli alberghi con cui
lavorano e dalle risposte risulta loro il livello di consapevolezza delle
esigenze ambientali; inoltre puntano sull’educazione del cliente per renderlo
responsabile. Il problema primario è, dunque,
quello di una politica di educazione delle popolazioni e degli amministratori
locali, oltre che dei fruitori delle aree protette. Ed è importante osservare
che le popolazioni locali possono crescere in termini di consapevolezza nei
riguardi del proprio territorio non soltanto grazie ad una politica di
educazione, ma grazie anche all’azione di quei turisti e fruitori del
territorio della specie più “evoluta”, di quelli che già possiedono un elevato
livello di consapevolezza e che su di essa basano gran parte del loro interesse
turistico per quel determinato territorio.
Grazie a questi elementi
(educazione e “sensibilizzazione esterna”, potremmo definirli) e al loro
impatto sulle popolazioni locali, potrà dunque sussistere la possibilità di
affidare a livello locale la guida allo sviluppo (sostenibile) del territorio
stesso. In questo contesto può collocarsi anche il turismo sostenibile, così
come definito dalla Carta Europea del Turismo Durevole, che prevede un’attività
turistica che rispetti e preservi nel lungo periodo le risorse naturali,
sociali, culturali, pur soddisfacendo le esigenze di sviluppo economico delle
popolazioni locali.
Nella Carta, infatti, è indicato
come propedeutico all’affidamento della strategia del turismo sostenibile a
livello locale il pieno riconoscimento dell’esigenza di preservare le risorse
naturali da parte della comunità locale.
E una modalità, a tal fine, è quella di non incentivare un
turismo di massa, concentrato solo in determinati periodi stagionali, foriero
di profitti immediati ma poco durevole in termini di mantenimento delle risorse
del territorio, laddove tali risorse costituiscano esse stesse attrazione turistica.
Occorrerà, piuttosto, favorire un “turismo durevole”, (che, si badi bene, dovrà
in parte sopportare piccole limitazioni alla fruizione) appunto, con benefici
nel medio-lungo periodo, ma con fermi obiettivi di tutela delle risorse del
territorio.
[1] Greco Efrem, Modulo di legislazione ambientale,
dispensa n. 1, distribuita per il corso di Master co-finanziato dalla Comunità
Europea PON Ob.1 – Avviso 4391/2001 – Asse III - Misura III.6 – “Ricerca
Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione” 2000-2006 “Percorso formativo professionalizzante per
donne nel turismo eco-
compatibile Calabria” (ECOMP - CA n° prot. 848/38), p. 1.
[2] Internet, Turismo
sostenibile, http://guide.supereva.it/geo/turismo_sostenibile/,
30/05/2003.
[3]Dati estratti da Internet, Turismo
sostenibile, (Associazione Italiana Turismo Responsabile),
http://unimondo.org/aitr/index.html,
30/05/2003.
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