Carl Gustav Jung è conosciuto soprattutto come uno
dei più importanti allievi di Sigmund Freud, ma anche come il suo
principale rivale.
Parlando di Jung è sempre necessario dissipare dei dubbi o equivoci. Per
esempio, direi che Jung non è mai stato allievo di Freud, e, da un
certo punto di vista, credo che non sia stato neanche un suo rivale.
Jung cominciò molto presto a leggere una delle opere fondamentali di
Freud, L'interpretazione dei sogni, e ne rimase molto colpito. Scrisse a
Freud della grande impressione che quest'opera gli aveva prodotto.
D'altra parte, Jung a differenza di Freud, aveva cominciato a lavorare,
già da molto tempo, in un ospedale psichiatrico, ed aveva avuto grande
esperienza con i malati gravi, quei malati che noi oggi chiamiamo
schizofrenici.
Egli rimase colpito dal contributo di Freud, il quale cercava di andare
alla radice dei comportamenti umani. Jung aveva già realizzato
un'esperienza, attraverso il "test di associazione": contando il tempo
con il quale una persona rispondeva a una parola, aveva intuito un
rapporto tra il tempo impiegato per rispondere e una difficoltà della
persona stessa. Jung chiamò "complesso" questo rapporto. Quello che Jung
scopriva attraverso il test associativo era abbastanza coerente con
quello che andava dicendo Freud. Quindi direi che Jung sia stato, più
che un allievo, un collaboratore di Freud. Ovviamente, nella nostra
cultura Freud, non solo per il fatto di essere venuto prima, ma per la
grandissima dimensione della sua scoperta, ha un importanza del tutto
particolare, anche se in fondo alcuni risultati della sua ricerca erano
stati già preceduti da alcuni grandi personaggi del Settecento - mi
riferisco, per esempio, alla scoperta dell'ipnosi - che avevano intuito
l'esistenza di un mondo nascosto e naturalmente avevano dato delle
spiegazioni molto diverse rispetto a Freud e a Jung.
Freud capisce che è possibile delineare una nuova disposizione
dell'animo umano, una disposizione che tenga conto non soltanto della
coscienza, ma anche e soprattutto di altri aspetti della vita psichica
non facilmente conoscibili e non conosciuti, a cui dette il nome di
"inconscio".
Io preferisco usare il termine "inconscio" sempre come
aggettivo, perché di per sé l' "inconscio" non esiste. Noi con questo
termine ovviamente ci riferiamo a una dimensione psicologica, attraverso
la quale capiamo che non solo agiamo con una certa consapevolezza, ma
che nel momento stesso in cui agiamo probabilmente una dimensione
inconsapevole della nostra coscienza ci guida. Come in questo momento
abbiamo un cuore che batte, ma non ne siamo consapevoli, così la nostra
vita psichica si muove non solo sotto la spinta di una certa
intenzionalità, ma si muove anche sotto la spinta di forze che Freud ha
voluto denominare "forze inconsce". Sarà poi tutto il successivo lavoro
di Freud e di Jung che darà a queste forze un loro nome e una loro
collocazione all'interno di quella splendida dimensione che è la
dimensione psicologica.
Sappiamo che c'è uno stile, una tecnica specifica di quella che si
chiama la psicologia analitica di Jung rispetto alla psicoanalisi di
Freud.
"Qual è lo specifico di Jung?". Questa è una domanda legittima; io non
dimentico però una frase che Jung dirà a un certo punto nei suoi
Ricordi, sogni e riflessioni dove dice che noi dobbiamo sapere tutto,
conoscere a perfezione quanto detto da Freud e da altri autori, ma poi
dobbiamo anche saper dimenticare tutto. In questo senso io potrei dire
che lo specifico di Jung, la tecnica junghiana è quella di non avere
nessuna tecnica. Io sono del parere che due analisti, che hanno
veramente molta esperienza, siano di per sé inconfondibili, perché
l'esperienza stessa porta le persone - in questo caso specifico gli
analisti - ad avere lo stesso comportamento.
Ora, ammettiamo che ci sia un analista che nella sua attività porti un
riferimento teorico a Jung. Durante l'analisi, egli dovrà prima
confrontarsi con una dimensione che da Jung è chiamata "persona".
"Persona" è un nome latino, che vuol dire "maschera", cioè
quell'atteggiamento esteriore che tutti noi abbiamo e che dobbiamo
naturalmente utilizzare rispetto al mondo esterno. Ad esempio è chiaro
che io, quando insegno in aula all'università, devo assumere la maschera
del professore, mentre in seduta d'esame assumo la maschera
dell'esaminatore e via dicendo. Il consiglio di Jung è interessante
perché dice: "state attenti, una cosa è il ruolo che voi svolgete, e una
cosa è quello che siete veramente; state attenti a non identificarvi
con queste immagini". Allora sarebbe curioso se io avessi
l'atteggiamento da professore, magari anche un po' noioso, che ho
durante le lezioni, nel momento in cui vado dal fruttivendolo per
comprare della frutta.
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