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venerdì 9 ottobre 2015

IL PASSAGGIO GENERAZIONALE E LE PMI.

di Giuseppina D’Auria
gdauria2000yahoo.it

Sempre più frequentemente si parla di passaggio generazionale.
Si tratta di quel momento in cui, all’interno di un’azienda, vi è il passaggio di testimone fra due generazioni.
Nel Nord-Est sono molte le PMI che si trovano di fronte a questa delicata fase, ma se ideologicamente questo sembra un passaggio semplice ed automatico, in realtà è denso di problematiche che se non sono ben gestite possono portare anche alla cessione dell’azienda stessa.
Trasferire la conoscenza da una generazione all’altra non è sicuramente cosa semplice. Spesso si tratta di conoscenze acquisite durante diversi anni di attività.
Gli aspetti psicologici legati a tutto questo sono molteplici.
Sin dalla più tenera età i giovani si trovano a scontrarsi con l’azienda nutrendo nei suoi confronti un rapporto di odio e amore.
La odiano perché le attenzioni del padre o della madre sono tutte verso di lei, i familiari, infatti, la considerano alla stregua di una persona, parlano di lei come di una loro creatura, creata e plasmata a loro immagine e somiglianza.
Ma ne sono anche strettamente legati, non solo perché è grazie a lei che possono avere un certo tipo di vita ma anche perché è con lei che sono cresciuti e fa parte di loro fin dalla nascita.
Anche per l’imprenditore il momento dell’entrata in azienda della nuova generazione è un momento di forti emozioni contrastanti. Da un lato è ben conscio che l’entrata del figlio è necessaria perché l’azienda continui ad esistere, ma dall’altro non vuole lasciare quello che ha creato, quello per cui ha vissuto una vita, la sua posizione, il suo prestigio.
Per ridurre quanto più possibile i rischi, le imprese possono avvalersi di consulenti preparati, che ricoprano il ruolo di supervisori e coordinatori di tutte le fasi del processo che porta l’azienda verso il futuro.
È molto importante un’adeguata formazione interna con abili consulenti che prevedano la gestione di tutte le fasi del passaggio generazionale, partendo dall’analisi dell’azienda e dalla sua organizzazione interna.
Attraverso un affiancamento coordinato si rende efficace il processo di transizione e si permette al giovane imprenditore di sviluppare alcune skills specifiche come ad esempio:
•l’acquisizione di una maggiore autonomia per la gestione consapevole del proprio ruolo;
•l’acquisizione di nuovi strumenti per il superamento delle ambivalenze e dei conflitti nella relazione con il titolare;
•la comprensione dei processi di cambiamento;
•l’assunzione di un atteggiamento più sereno ed efficace nei confronti del cambiamento.

Il passaggio generazionale è una tappa obbligatoria per le aziende a conduzione familiare che spesso, se non sanno come affrontare tale processo di transizione, rischiano di essere cedute. Si rende quindi necessario il ricorso a consulenti che favoriscano il trasferimento delle conoscenze e delle competenze da una generazione a quella successiva.

Ordinanza del Giudice delegato al registro della stampa periodica del Tribunale di Salerno del 13 marzo 2001

A seguito di questa ordinanza tutti gli articoli pubblicati sul giornale telematico www.oltresalerno.it nella rubrica "quelli dell'équipe" hanno validità di pubblicazioni scientifiche.
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IL GIUDICE DELEGATO
al registro della stampa periodica
Vista l'istanza a firma di <F. R.> e <S. S.>, dep. in cancelleria in data 28.2.01;attesa la regolarità della documentazione allegata, con l'integrazione di una relazione illustrativa dep. in cancelleria in data 13.03.01;
rilevato che questo stesso giudice, con decreto reso in data 18.1.01 su identica istanza degli stessi soggetti, aveva dichiarato inammissibile, in quanto non prevista dall'invocata normativa di cui all'art. 5 della L. 8.2.48 n. 47, la richiesta di registrazione di un giornale esclusivamente telematico;
rilevato che, come spiegato nella relazione illustrativa dep. in data 13.3.01, si intendono ora - in più rispetto a quanto dichiarato per la precedente istanza - adottare modalità di accesso e di trasmissione dei dati che ovviano alle perplessità, evidenziate nel decreto 18.1.01, sulla sicurezza, sulla genuinità e sull'autenticità dei dati stessi come attinti dal singolo utente; rilevato che i richiedenti dichiarano di volervi provvedere mediante fornitura di un codice di accesso agli utenti e mediante procedure di sicurezza analiticamente descritte nella ripetuta relazione integrativa;
considerato, soprattutto, che il Senato della Repubblica ha approvato - in data 21.2.01 - definitivamente il disegno di legge Atto n. 4985, in testo identico a quello della Camera e quindi destinato ad essere promulgato e pubblicato al più presto sulla Gazzetta Ufficiale, recante "nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416";rilevato che tale normativa prevede, al suo articolo 1 (Definizioni e disciplina del prodotto editoriale), quanto segue:
1. Per "prodotto editoriale", ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici.
2. Non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all'informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico. Per "opera filmica" si intende lo spettacolo, con contenuto narrativo o documentaristico, realizzato su supporto di qualsiasi natura, purché costituente opera dell'ingegno ai sensi della disciplina sul diritto d'autore, destinato originariamente, dal titolare dei diritti di utilizzazione economica, alla programmazione nelle sale cinematografiche ovvero alla diffusione al pubblico attraverso i mezzi audiovisivi.
3. Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all' articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall'articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948.
Considerato che allora la legislazione intervenuta nel frattempo - e comunque successiva alla pronuncia del precedente decreto - innova sensibilmente rispetto al passato, imponendo espressamente gli obblighi di cui all'art. 5 della L. 47/48 anche per il prodotto editoriale - quindi anche su supporto informatico, come prescrive il primo comma dello stesso art. 1 - diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata (che costituisca elemento identificativo del prodotto stesso); rilevato che soltanto adesso sussiste l'obbligo suddetto, prima inesistente in ossequio all'art. 21 Cost.: mentre le argomentazioni svolte dalla ricorrente nella sua relazione integrativa, in ordine alla possibilità di applicazione analogia o estensiva della normativa della L. 47/48 vanno comunque disattese, non ptendo la libertà fondamentale tutelata da quella norma costituzionale essere limitata in via di interpretazione; escluso di potere in questa sede - anche in considerazione della libera determinazione dell'istante di assoggettarsi ad una limitazione prima non prevista - sollevare questioni di illegittimità costituzionale della normativa suddetta, pure in astratto configurabili alla lice della compressione della libertà di manifestazione del pensiero che quella normativa comporta quanto meno con riferimento alla sua diffusione per via telematica, in ragione della ontologica differenza tra divulgazione con mezzo informatico o telematico e diffusione a mezzo stampa (di cui al precedente decreto 18.1.01, già ricordato, di questo giudice) e con conseguente assoluta necessità di totale libertà della prima;
ORDINA
l'iscrizione nel registro della stampa periodica della pubblicazione sotto descritta:
titolo: " WWW.OLTRESALERNO.IT ";
sede da presumersi coincidente con il luogo di pubblicazione e la sede di stampa: Salerno, via Paolo Grisignano 7;
natura: giornale telematico; periodicità: settimanale:proprietario, con il quale deve presumersi coincidere l'editore: Fiore Rossella , n. Salerno 12.3.73, res. Montecorvino R. (SA), via G. Maratea;
direttore responsabile: Sica Salvatore, nato Salerno 28.1.61 ed ivi res. corso Vittorio Emanuele 174.Salerno, 16.3.2001

Il Giudice delegato (Dr. Franco De Stefano) 
Oltrenews.it - via R. Zammarrelli, 12 - 84127 Salerno - tel/fax: +39.089.75.01.80
Numero 191 - edizione del 19.1.2005

MEDITERRANEO ITALIA. PREZIOSITA’, PERCORSI E PROSPETTIVE

OLTRENEWS.IT – ED. N. 232 DEL 09/11/2005
di Giuseppina D’Auria
e-mail gdauria2000@yahoo.it

Il 29 ottobre 2004 si è tenuto all’Università degli Studi di Salerno, presso l’Aula delle Lauree “Cilento” il Convegno Mediterraneo Italia. Migrazioni, culture, formazione, turismo, percorsi di dialogo, organizzato dalla Cattedra di Sociologia Generale della Facoltà di Scienze della Formazione, con il patrocinio della Regione Campania e dell’Ente Turismo e Soggiorno di Paestum.
Gli interventi sono stati effettuati dal Rettore e da Docenti universitari degli Atenei campani e pugliesi, Docenti di Istituti superiori, Ricercatori dell’Ateneo salernitano e di un Centro Studi e
Ricerche del bergamasco, da giovani laureati, Docenti, Esperti e Ricercatori appartenenti alla Rubrica “Quelli dell’équipe” della Rivista Telematica Settimanale Oltresalerno.it.
Si è discusso delle tematiche relative al ruolo economico del Mediterraneo nel XXI secolo, alle caratteristiche dei flussi migratori. Si è fatto un flash sulla storia antica per poi passare alle
tematiche attuali dell’africanità, intesa come il risveglio di una identità oppressa e come il ritorno alle radici con diritto di futuro.
Le tematiche delle Pari Opportunità sono state centrate dagli interventi sulle condizioni di vita tra salute, tradizioni e patologie delle donne immigrate, ma soprattutto dalla trattazione delle nuove
identità di genere e società in cammino attraverso l’analisi di scritture di donne e con la trattazione di dati e problemi relativi all’integrazione sociale nelle scuole italiane di alunni figli di immigrati.
Le prospettive in materia di paesaggio mediterraneo dovrebbero venire studiate, programmando una progettazione di interventi e strategie future sull’intera area che tengano conto della componente urbanistica ma, anche e soprattutto, di quella paesistico ambientale e culturale, più pregnante e prevalente, dove l’obiettivo finale ha, quale riferimento imprescindibile, lo sviluppo sostenibile.
E’ per altro auspicabile che in questo contesto le regioni coinvolte nei progetti che interessino il bacino del Mediterraneo avviino sinergicamente tutte le necessarie azioni in materia di promozione
dello sviluppo sostenibile globale.
La Convenzione internazionale del Paesaggio definisce il suo oggetto come “un elemento ambientale complesso che svolge importanti funzioni d’interesse generale sul piano culturale, ecologico, sociale ed economico. Pertanto, le immagini e l’attualità dalla Siria e gli aspetti economici e finanziari del parternariato, che l’Unione Europea sponsorizza attraverso Programmi a tal scopo formulati, rappresentano la naturale conclusione dei lavori di questo convegno, dal quale è emersa l’urgenza di promuovere il Mediterraneo nella sua complessità di migrazioni, culture, formazione, turismo, percorsi di dialogo, al fine di partire dall’Italia e dagli Italiani per giungere alla comune cittadinanza morale degli Stati Uniti dei Popoli Euromediterranei, in attesa e con l’auspicio che si possa concretizzare in breve il Progetto di Unificazione propugnato dal Prof. Pasquale Lo Re, attraverso proposte concrete, percorribili anche nell’immediatezza.
Nel corso del Convegno si è tenuta anche un’attività di formazione/laboratorio, riconosciuta dall’amministrazione universitaria e certificata dalla Cattedra di Sociologia generale, con la partecipazione di studenti universitari, dirigenti scolastici e docenti.

IPERMEDIALITÀ E DIDATTICA NELLA SCUOLA PRIMARIA

La metodologia didattica, supportata dalle nuove tecnologie, da poco entrate nel processo insegnamento/apprendimento grazie agli interventi di formazione dei docenti promossi dal Ministero della Pubblica Istruzione e alla dotazione di laboratori multimediali, creati con i fondi del Programma Operativo Nazionale, in quasi tutte le Scuole, ha una ricaduta soddisfacente in termini di apprendimento e consente un approccio didattico articolato, da attuarsi in rete.
Se oggi i giovani allievi rispondono con l’insuccesso alle proposte scolastiche assumendo comportamenti e atteggiamenti “artificiali” è perché i modi, le forme di valutazione, i contenuti e la comunicazione della Scuola sono inadeguate alle aspettative e, andando così nel tempo, il divario tra Scuola e l’utenza sarà sempre più profondo.
Un punto d’incontro, invece, fra proposte scolastiche e utenti, risiede nella Costruzione Collaborativa della Conoscenza multimediale1 che motiva gli studenti ad utilizzare il computer, come strumento essenzialmente ludico, coinvolgente per la componente multimediale ed interattiva, “amicale”per la reazione anaffettiva di fronte ad errori ed insuccessi.
Roy Pea2 nota che le difficoltà della scrittura degli allievi possono essere superate con l’approccio multimediale in quanto, il processo di costruzione di un multimedia mobilita competenze utili anche nello scrivere. Inoltre tale modello didattico, sotteso alle attività della Costruzione Collaborativa della Conoscenza multimediale sviluppa le capacità cognitive e metacognitive, le abilità di auto-controllo, auto-valutazione attraverso la gestione attiva e responsabile delle fasi di lavoro e le capacità di riflessione e di negoziazione attraverso metodologie di collaborazione.
Attraverso le capacità cognitive e metacognitive, gli insegnanti presentano il compito, l’alunno non subisce ma costruisce attivamente la propria conoscenza, vive l’interazione da cui scaturisce altra conoscenza, il docente da guida e aiuto (scaffolding) nell’esecuzione del compito e nello stesso tempo valuta lo stato di apprendimento proprio per adeguare e adattare il suo aiuto.
All’interno del proprio gruppo, con l’ausilio delle abilità di auto-controllo, auto-valutazione, l’alunno partecipa con un ruolo attivo nelle fasi di progettazione e realizzazione del prodotto multimediale, infatti sperimenta modalità di apprendimento indagando e ricercando, infine rielabora il sapere acquisito per sé e per gli altri raggiungendo l’autonomia nella costruzione di altro sapere.
Infine, con l’utilizzo delle capacità di riflessione e di negoziazione le scelte e le decisioni per la realizzazione del prodotto multimediale stimolano la riflessività e richiedono processi di negoziazione e comunicazione interattiva che conducono alla realizzazione dell’obiettivo fissato all’interno del gruppo.
Per la costruzione di un software3 si parte dalla progettazione, prima di arrivare alla sua realizzazione. Si progetta il prodotto, se ne definisce l’architettura e si redige lo storyboard, una rappresentazione scrittografica su carta di ogni singola videata del multimedia, una prefigurazione dettagliata, funzionale alla fase di assemblaggio.
La fase di progettazione vede impegnati i docenti che stabiliscono gli obiettivi cognitivi, le competenze che si vogliono sviluppare, i tempi di realizzazione, le metodologie, i criteri di valutazione.
Prima di arrivare la fase di progettazione del software è necessario:
1. presentare alla classe gli obiettivi, le fasi, le metodologie;
2. comunicare la tematica oggetto dell’ipermedia
3. individuare con gli allievi l’utente del prodotto (l’allievo, l’adulto, il sindaco, il preside…)
Quando, poi, si arriva al momento della ricerca/raccolta/produzione del materiale informativo, è la fase più gratificante per l’alunno che all’interno del gruppo compie l’esperienza di scoprire, ricercare conquistando l’autonomia nel procedere e disponendosi al confronto con gli altri, consolidando le sue abilità nel consultare sistemi di catalogazione.
Il compito dell’insegnante, attraverso un processo di modelling – scaffolding – fading, è quello di guidare ed aiutare gli allievi sia nella fase della comprensione di concetti ed azioni, sia nella fase di lavoro.
Le attività possono essere organizzate in modo che, ogni gruppo si occupi di una determinata fonte di informazione, di tutte le tipologie di fonti, di una particolare fonte rispetto ad un unico aspetto della tematica.
Il flowchart definisce graficamente la struttura del software, i percorsi di navigazione e i collegamenti fra le sezioni e le videate.
La stesura del flowchart è uno dei momenti cruciali delle attività perché rende consapevoli gli studenti delle relazioni che intercorrono tra i concetti che possono “trasmigrare” da una disciplina all’altra, e quelli che possono “arricchire le dosi di nuove valenze in un itinerario di unificazione delle conoscenze4”.
La proposta formativa multimediale può avere successo a condizione che la scuola si crei un gruppo di lavoro i cui docenti, consapevoli dei principi psicopedagogici, condividano l’idea di conoscenza come costruzione sociale e un modello didattico basato sulla collaborazione e sulla cooperazione.
Il gruppo di docenti dovrebbe formare un setting non competitivo che, attraverso metodologie di collaborazione e di condivisione di risorse intellettuali, valorizzi la specificità di ogni allievo che diventa protagonista nella costruzione del sapere.
Tale gruppo di docenti dovrebbe operare come comunità di ricerca collaborativa in cui ognuno mette a servizio le proprie competenze per il sostegno agli allievi nei momenti di progettazione e realizzazione.
Il docente, deve possedere, in particolar modo, le competenze disciplinari, le conoscenze dei formalismi di rappresentazione della conoscenza in funzione dell’ipermedia che non è lineare, ed infine, deve possedere le competenze tecnologiche.
I docenti non solo devono possedere i contenuti disciplinari, ma assumono la funzione di modellamento della pratica esperta, assistenza all’apprendimento, moderazione dei dibattiti.
Il modello didattico rappresentato richiede una visione delle strutture scolastiche, dell’orario e dei materiali didattici non orientati al curricolo, ma centrati sull’apprendimento, su ciò che l’alunno sa e sulle competenze che deve acquisire. Per rimanere in tema e volendo rappresentare agli alunni una lezione con l’ausilio delle nuove tecnologie, ho elaborato un prodotto per la comprensione del quale essi utilizzano il computer che sviluppa le capacità cognitive e metacognitive di cui abbiamo parlato prima. Le attività di seguito descritte, connesse alla prima unità di apprendimento di storia, proposta agli alunni della classe quarta della Scuola Primaria, sono realizzate nelle ore opzionali scelte dalle famiglie, quale approfondimento laboratoriale, coerenti con i contenuti disciplinari.
Definita la linea del tempo con gli alunni, ante e post Christum, e descritte tutte le antiche civiltà che hanno contribuito, nel corso dei millenni, all’evoluzione dell’uomo, ho posto come metodologia laboratoriale la ricerca-azione sulle civiltà fluviali rappresentando agli alunni, attraverso i link dell’ipertesto, le modalità della ricerca storica basata sulle fonti che generano conoscenza.
La classe ha risposto, dopo le prime esitazioni, bene alla proposta didattica potendo contare anche su di una certa alfabetizzazione informatica, acquisita nel corso dell’anno scolastico passato e probabilmente in famiglia.
1 Costa R., Progettazione didattica e scrittura multimediale, in Galliani L. (a cura di), “Tecnologie informatiche e telematiche”, Pensa Multimedia, Lecce, 2002.
2 Pea R.D., Learning through multimedia, in “IEEE”, vol 11, n. 4, 1991.
3 Costa R., Progettazione didattica e scrittura multimediale, in Galliani L. (a cura di), “Tecnologie informatiche e telematiche”, Pensa Multimedia, Lecce, 2002.
4 Costa R., Progettazione didattica e scrittura multimediale, in Galliani L. (a cura di), “Tecnologie informatiche e telematiche”, Pensa Multimedia, Lecce, 2002.

RIVOLUZIONE DIGITALE NELLO STUDIO: TUTTI ALLA CORTE DI INTERNET!

OLTRENEWS.IT: ED. N 319 DELL’11/07/2007
di Giuseppina D’Auria
gdauria@hotmail.com
La regole, i codici e i valori che Internet porta con sé devono essere considerati attentamente alla luce dei cambiamenti introdotti nella vita di tutti i giorni di un numero sempre crescente di persone. Anche il campo della formazione non può sottrarsi a questo confronto. Anzi, il suo compito pare ancora più oneroso, essendo sollecitato da un duplice ordine di interrogativi:
1. Quali sono i parametri che la rete impone come nuovi criteri di riferimento e che una volta accettati consentono di stabilire il proprio itinerario formativo?
2. Quali nuove modalità di approccio alla realtà sono state introdotte con la diffusione della rete?
1) Procedendo con ordine, il mondo dell'educazione deve raffrontarsi con il superamento dei vincoli
· spaziali
· temporali
· economici.
Internet e il PC consentono al fruitore la scelta dei tempi di apprendimento, l'abbattimento dei costi di spostamento, l'accesso alle informazioni da qualsiasi luogo collegato alla rete. Il vantaggio competitivo di un'impresa on line può essere misurato in termini di motivazione, bene tanto più prezioso in un ambito, quale quello della formazione, penalizzato dal disequilibrio iniziale tra la scarsa consapevolezza dei benefici acquisibili e il peso reale dei costi.
2) D'altro canto le nuove parole d'ordine che Internet ha portato alla ribalta sono: ibridazione, contaminazione, dinamicità, interattività. I problemi posti da un'offerta abnorme circoscrivono così il campo della sfida e, quindi, della concorrenza:
· concisione
· visibilità
· elevata ergonomicità
· tempestività della risposta
· necessità di un orientamento nel mare magno di un'offerta tanto vantaggiosa quanto claustrofobica.
L'interrogativo fondamentale a questo punto è: la formazione può raccogliere la sfida lanciata dalla rete senza snaturare la propria natura? In altre parole, la formazione deve tentare di dare una risposta ad alcuni problemi concreti: · È possibile creare in rete lo stesso ambiente di lavoro dell'aula? · Che funzione deve avere l'on line? Deve essere un semplice prolungamento delle attività principali che comunque sono dominio esclusivo dell'aula? · E, se sì, come prescindere proprio dallo strumento (Internet) responsabile proprio di quel cambiamento che interessa il mondo della formazione delle competenze? Ciò che si suggerisce è di pensare a una formazione in simbiosi ai cambiamenti in atto. Se è vero, difatti, che il modo di scrivere in chat è radicalmente diverso da quello "face to face" non si può prescindere dal constatare come questa nuova modalità di comunicazione sia all'origine di un diverso modo di e di concepire e gestire le relazioni umane. Del resto è necessario non dimenticare i vantaggi della formazione tradizionale, così esemplificati da Davide Biolghini: comunicazione faccia a faccia docente-allievo e allievo-allievo; risposta a richieste di chiarimento in tempo reale; interazione di tipo affettivo. Pare difficile prescindere ragionevolmente da questi aspetti, ma è altresì stimolante tentare di immaginare come la formazione on line possa reinventare queste esigenze:
· L'interazione on line assume i contorni di una nuova figura: il Tutor on line. Tramite una bacheca elettronica comunica alla classe gli appuntamenti, le esercitazioni, le scadenze e l'itinerario da seguire. Tramite la posta elettronica è in costante contatto con ciascun partecipante e ne conosce le diverse esigenze e difficoltà.
· La sfida all'affettività in rete passa attraverso la personalizzazione dei contenuti formativi. Gli strumenti per raggiungere quest'obiettivo sono la mappatura delle competenze iniziali, i test interattivi per misurare l'efficacia dell'apprendimento, la guida al percorso di apprendimento proposta dal tutor. Scommettere sulla formazione on line significa puntare sulla personalizzazione. Semplici strumenti come:
· il forum (come occasione di socializzazione tra alunni-alunni e tra alunni e insegnante/tutor) · la chat (come laboratorio di esercitazioni collettive sincrone )
· il download dei moduli didattici (che consente il frazionamento e la fruibilità in ogni momento)
· la bacheca elettronica (con funzioni di "piazza", di punto d'incontro, di fidelizzazione e di snodo delle varie attività)
· l'e-mail (per un contatto continuo con gli alunni)
· le verifiche (per una costante calibratura dell'argomento)
· il monitoraggio delle varie attività ( per un controllo dell'efficacia formativa),
sembrano essere le strade che la formazione deve percorrere affinché il serbatoio dell'intelligenza collettiva sia "lo stesso per tutti e al contempo differente per ciascuno".
Il formatore fad si pone alcuni interrogativi sul ruolo che deve assumere lo spazio on line nell'economia dei corsi da erogare. Interrogativi di base: di quali strutture di base dispone l'ente erogatore (necessità del confronto con le attività rese possibili dal software di base e/o dalla piattaforma tecnologica). Che dotazione è richiesta agli studenti? Che grado di alfabetizzazione informatica devono possedere? Qualora non ne posseggano a un grado adeguato l'ente fornisce le conoscenze mancanti? In aula? Per quante ore? Quale impiego facile e proficuo dell'on line? Il Download dei materiali didattici è di certo la soluzione più semplice: le lezioni devono essere suddivise in moduli e inserite nella rete, collegandosi alla quale sarà possibile scaricarli agilmente (reperimento del materiale suddivisione per moduli, creazione di attachments).
Tale soluzione pone alcuni problemi:
1. da dove fruiranno gli alunni i diversi materiali?
2. se gli alunni devono seguire un itinerario stabilito, come vincolare l'ordine di lettura dei vari materiali?
Divengono necessari: una bacheca elettronica che permetta l'accesso ai materiali, un tutor che inserisca di volta in volta i materiali da studiare. La bacheca elettronica può servire anche come:
· punto di snodo per altre attività (lì si trovano i collegamenti a: forum, chat, link utili, posta elettronica)
· comunicazioni sulle altre attività in aula (cambiamenti, avvisi, scadenze)
· accesso a possibili verifiche (test)
La bacheca diverrebbe così il portale d'ingresso del corso. Il tutor invece può assumere una funzione di personalizzatore del percorso formativo. Come? Avvalendosi di strumenti come: e-mail (feed-back valutativi sui test interattivi), mappatura delle competenze. La mappatura delle competenze può essere trasferita on line? Punto importante: è possibile fare della rete un laboratorio: è possibile esercitarsi in gruppo on line, ad es. con una chat moderata.
In sintesi, potenzialità della formazione a distanza:
· la teoria può essere trasferita nella rete
· ma la rete può divenire anche il luogo di personalizzazione del percorso formativo, lasciando all'aula il momento di verifica delle competenza acquisite
· la rete può anche costituirsi come laboratorio di esperienze pratiche di gruppo grazie a strumenti semplici (chat).
Un giovane studente su due (il 51%) studia tanto sul libro di testo quanto sul materiale scaricato da internet, mentre solo il 41% utilizza solo il libro di testo. Questo è quanto emerge dalla recente indagine "Studiare con il PC: un'indagine AIE Docet", sulle modalità di utilizzo che i giovani di età compresa tra i 10 e i 24 anni fanno delle tecnologie per studio e ricerca, pubblicata sul sito jobonline.
L’indagine, di tipo quali-quantitativo è stata effettuata su un campione rappresentativo di mille ragazzi tra i 14 e i 24 anni.
Dai risultati della ricerca si evidenzia che la tecnologia è entrata prepotentemente a far parte del mondo della scuola.
Il 63% degli studenti utilizza sia il PC sia i tradizionali quaderni per le attività scolastiche, contro il 27% di chi usa solo il cartaceo.
Inoltre uno studente su due consulta sia il cartaceo sia internet o i cd rom come fonti per ricercare voci di enciclopedie, dizionari ecc. e ben il 24% utilizza, a tal fine, solo i supporti tecnologici, contro solo l'11% di chi si affida solo alla carta per svolgere tali attività.
Internet è considerato quindi “l'enciclopedia per eccellenza”, sempre disponibile, utilizzata soprattutto per la ricerca e gli approfondimenti, considerata come una fonte inesauribile di sapere su più livelli, dove si può trovare veramente di tutto.
Il tempo dedicato allo studio con gli strumenti tecnologici rappresenta circa un terzo (28%) del tempo complessivo trascorso per lo studio individuale, soprattutto tra i 22-24enni (31%) e tra gli studenti lavoratori (36%) che frequentano l'università (21%).
La tecnologia è oggi un fondamentale supporto allo studio: un ragazzo su due dichiara di impegnare 3,5 ore del proprio tempo, in una settimana, per studiare su materiale scaricato da internet.
Circa l’uso dei motori di ricerca o per la consultazione di enciclopedie e dizionari, la rete batte tutti i concorrenti cartacei e anche quelli su cd rom o dvd, sia in termini di percentuali di utilizzo (61% contro il 60% di chi consulta il cartaceo e il 46% di chi utilizza i cd-rom), sia in termini di media ore dedicate (3,2 per la consultazione via internet, 2,9 tramite il cartaceo, 2,3 su cd rom e dvd).
Dati importanti che rivelano un mutamento di approccio allo studio e quindi alla formazione, l’evoluzione di un utenza che può portare, forse in un non lontano periodo, a uno sviluppo dell’e-learning e in generale dei supporti multimediali per la formazione.

domenica 20 settembre 2015

DIARIO DI BORDO DI UN FORMATORE NELLA COMPLESSITA’.

articolo di Giuseppina D’Auria
 
Visto l’alto livello di complessità delle nuove tecnologie, nel Web come in molti altri settori, l’essere “generalisti” ed il pretendere di avere competenze a 360 gradi porta il più delle volte ad approcci generici col risultato di saper fare bene solo poche cose. La verità è che il Webmaster “tuttofare” oggi non esiste quasi più e che un professionista del Web dovrebbe potersi perfezionare in un’area del suo settore, approfondendo conoscenze ed acquisendo abilità specifiche.
Il Net Clipper è una delle professioni meno conosciute della new economy, eppure il suo ruolo è indispensabile per ogni azienda, anche se a volte le sue funzioni vengono “incorporate” insieme ad altre mansioni.
Questa figura è indissolubilmente legata all’importanza sempre crescente che la rete sta acquisendo nella comunicazione e nel business. Il Net-Clipper infatti naviga per scoprire "che cosa si dice" di un'azienda o di un brand, con lo scopo di ottenere una mappa dettagliata di come e dove appaiono in rete i riferimenti delle imprese che hanno richiesto il servizio. Tuttavia non si limita a una semplice ricerca di informazioni, ma le analizza, le confronta, le elabora, fornendo un utile supporto alle decisioni del reparto marketing, nel quale, molte volte, si trova direttamente a lavorare. Per diventare Net Clipper non viene generalmente richiesta una preparazione specifica, la formazione si effettua sul campo; ciò nonostante è indispensabile la conoscenza dell'inglese (e, preferibilmente, di un’altra lingua straniera) e un'eccellente capacità di utilizzo della rete.
Internet è una realtà in crescita vertiginosa, con miliardi di pagine attive. L’altissimo numero di dati contenuto nel web più che facilitare lo studio di un argomento spesso lo ostacola. L’Infobroker ricerca dunque le informazioni necessarie a clienti molto differenti fra loro (aziende, società di analisi, banche, ecc.) che serviranno a questi ultimi come punto di partenza per la costruzione dei propri progetti di business. Viene contattato dalle aziende per soddisfare in tempi rapidi richieste precise e utilizzando metodologie ad hoc, sempre utilizzando Internet. Questa professione, venuta alla ribalta con il libro "Net Worth" di J. Hagel e M. Singer, può essere considerata affine alle ricerche di mercato. Infatti il suo compito non è solo a semplice raccolta, ma anche l’elaborazione delle informazioni e dei dati raccolti, per essere di supporto alle decisioni delle altre funzioni aziendali. Dunque non è sufficiente utilizzare i motori di ricerca: bisogna soprattutto sapere interpretare ed adattare l'informazione reperita. E’ quindi preziosa la capacità di analisi del campo di indagine di interesse (economico, scientifico, ecc.) per fornire una lettura efficace.
Aziende e agenzie utilizzano sempre più di frequente il web come canale per un piano di comunicazione integrato. Per sfruttare al meglio la rete come risorsa, vengono quindi create figure capaci di adeguare il concept pubblicitario anche negli spazi di un banner o di un pop-up oppure di creare qualcosa di più complesso a disposizione degli utenti di Internet, come giochi o concorsi capaci di rafforzare il brand di riferimento.
Il Web Advertiser è il responsabile dell’intera campagna pubblicitaria online, coordina e gestisce tutti gli strumenti, ad esempio le newsletter, definisce le priorità strategiche e valuta le possibilità di marketing che la rete offre. Sa distinguere e scegliere i mezzi di advertising più opportuni in base agli obiettivi di comunicazione che l’azienda intende raggiungere in rete, al proprio target e al mercato in cui opera. Inoltre è suo compito l’analisi accurata e critica della redemption, cioè dell’efficacia, quasi in tempo reale. Dunque se la pubblicità non ottiene lo scopo desiderato può modificarla in modo istantaneo e mirato, cosa pressoché impossibile per chi si occupa di advertising in campi più tradizionali. Al giorno d'oggi la maggior parte delle attività professionali si svolge attraverso flussi di informazioni all'interno di ambienti virtuali mediati dal computer e dalle reti. Allo stesso modo il panorama della formazione ha subito sostanziali modifiche, dovute anche a due fenomeni contemporanei: in primo luogo è aumentato il bagaglio di conoscenze e informazioni ritenuto necessario per poter assumere un ruolo attivo nelle attività sociali e professionali. In secondo luogo, decresce il periodo di validità temporale di tali informazioni e competenze. Ciò comporta l'esigenza di formazione continua nel corso della propria vita professionale. Considerando che molto spesso vi sono reali difficoltà da parte delle aziende a sottrarre i dipendenti all'attività lavorativa, e di fattori contingenti da parte degli utenti a frequentare corsi di formazione e aggiornamento, in questo contesto sorge una forte domanda di Formazione a Distanza. Teorici della FaD riconoscono "tre generazioni"di tale fenomeno. La prima, nata già nell'Ottocento negli USA e in Canada, è la scuola per corrispondenza finalizzata a fornire un'istruzione di base soprattutto ai residenti in zone isolate. I corsisti lavoravano su libri, dispense e test inviati per posta. Dagli anni '50 e '60 si sviluppa una seconda metodologia basata sull'uso di lezioni preregistrate su cassette audio e video e successivamente attraverso software didattici (CD-ROM, e-mail..).
Infine, la generazione in corso, la "terza", si avvale di reti telematiche che sfruttano le potenzialità della rete e viene indicata con una pluralità di termini (on line learning, open learning, distance training) di cui il più diffuso è sicuramente l'e-learning (electronic-learning). Internet viene utilizzato come veicolo di conoscenza e formazione garantendo una superiore flessibilità e modularità rispetto all'utilizzo di software, i quali soprattutto, non permettevano una reale interazione tra gli utenti di un corso e coloro che lo programmavano, i tutor.
Grazie all'e-learning attuale gli allievi sono protagonisti attivi dei propri percorsi formativi. Ovviamente il processo di formazione a distanza implica che docenti e discenti si trovino in luoghi diversi ma con un'interazione relativamente continua. Docenti e studenti con internet si incontrano e comunicano in modo interattivo; la comunicazione che si sviluppa in queste situazioni può essere di tipo 'uno a uno', 'uno a molti' e 'molti a molti'. La FaD si sviluppa inoltre in modalità sincrona, cioè in contemporanea, oppure asincrona (in tempi differiti). Nel primo caso si utilizzano perlopiù live session, Chat o microfoni; nel secondo e-mail o forum di discussione. Una delle caratteristiche basilari dell'e-learning è la possibilità di disporre dei contenuti nei momenti e nei luoghi scelti dagli utenti. Per seguire un corso on-line è sufficiente possedere un computer e una connessione internet. Oltre al superamento delle barriere spazio temporali un altro punto di forza della formazione a distanza è la possibilità di personalizzare il proprio percorso formativo in base alle proprie competenze e ai propri obiettivi. Le tecnologie per la FaD, è inutile dirlo, offrono ai lavoratori aggiornamenti e riqualificazione continui e flessibili; rispondendo anche alle esigenze aziendali di ridurre costi e tempi. 
Sempre più numerosi sono i percorsi formativi di eccellenza, post-laurea erogati mediante la FaD.
Sul mio diario di bordo non ci sono molte note poiché finora ho navigato seguendo una rotta solitaria. Tra queste ho appuntato la compilazione di tre unità didattiche, sulle tematiche del disagio e dell’integrazione, per il Master Universitario “Il docente ricercatore dei processi di qualità formativa per il rinnovamento della società italiana” erogato dalla facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università della Calabria di Cosenza, che si sta svolgendo on-line in modalità blended (didattica a distanza e didattica in presenza). In genere,  per questa tipologia di formazione, l’attività didattica è centrata sulle modalità di valutazione del rapporto insegnamento/apprendimento all’interno del processo più generale della valutazione del sistema scolastico e della valutazione delle singole scuole.
La multiculturalità, la complessità, la velocità del cambiamento propri di questo momento storico offrono un panorama esistenziale e lavorativo piuttosto complesso. In tale contesto è necessario lo sviluppo di competenze trasversali: un insieme di abilità che permettano a ciascuno di confrontarsi positivamente, di comunicare efficacemente, di gestire fruttuosamente relazioni, di saper vivere in situazione, di far maturare armonicamente le dimensioni costitutive del proprio essere per orientarle allo sviluppo globale della persona.
A tal fine diverse Istituzioni Universitarie inseriscono nel manifesto degli studi discipline di carattere umanistico, manageriale, psicosociale. Si tratta di corsi di studi articolati in uno o più moduli spendibili dagli studenti per l’acquisto di crediti formativi che diano i contenuti opportuni per una formazione ed un’integrazione più attenta al contesto contemporaneo. Ciò è maggiormente necessario per Facoltà di carattere scientifico e giuridico che vogliano favorire la formazione di professionisti capaci di relazionarsi, di operare in team, di sviluppare una leadership operativa.
Lo sviluppo delle competenze trasversali riguarda le tre macro abilità del diagnosticare, relazionarsi, fronteggiare.  Tali macro abilità possono essere sviluppate secondo due linee:
La linea personale. La linea organizzativa, lavorativa, contestuale
Obiettivi secondo le tre macro aree e le due linee.
Diagnosticare. A livello personale l’obiettivo è quello di riconoscere le proprie risorse personali (conoscenze, competenze, attitudini); la qualità dei propri stili comportamentali e dei propri processi cognitivi;
A livello contestuale l’obiettivo è quello di riconoscere le caratteristiche del contesto esperienziale (organizzativo nel caso di aziende, imprese, ecc.); riconoscere e valutare situazioni di conflitto nell’ambito lavorativo secondo la loro diversa natura (tecnico-operativa, relazionale, organizzativa).
Relazionarsi. Obiettivo personale è quello di apprendere i lineamenti per una strategia relazionale e comunicativa efficace da spendere in interazioni dirette o mediate da strumenti di diversa natura;
Obiettivo contestuale è apprendere i lineamenti essenziali per il group thinking, il group learning, il team working. Oltre che per operare attivamente all’interno del gruppo al fine di produrre risultati collettivi.
Fronteggiare. A livello personale l’obiettivo è quello di offrire gli elementi per pianificare strategie di azione al fine di migliorare il proprio stato di apprendimento e le proprie prestazione e per fronteggiare situazioni e risolvere problemi di diversa natura (personali, tecnico-operativi, relazionali, organizzativi, …);
Obiettivo contestuale è quello di offrire le linee guida per fronteggiare i cambiamenti, per progettare e negoziare soluzioni, per impostare e decidere su progetti e piani di azione in condizioni non routinarie.
Lo sviluppo delle tre macrocompetenze è, peraltro, di fondamentale importanza per l’inserimento nel quadro lavorativo preparando, ad esempio, ad un corretto sostenimento dei colloqui di selezione, ed essendo, la capacità di relazioni efficaci e finalizzate, utile e richiesta specialmente per funzioni direttive.
La qualità della formazione è considerata una delle variabili più importanti tra quelle che determinano l’organizzazione e la crescita sociale ed economica di una nazione. Il problema della qualità del servizio scolastico, considerato il ruolo strategico che riveste la scuola nel preparare le risorse umane in un contesto economico internazionale sempre più aperto e competitivo, è strategico per determinare la capacità di stare sul mercato del lavoro.
La scuola non è più lo strumento di selezione di una élite che governava in un mercato chiuso, oppure di alfabetizzazione minima di manodopera poco qualificata. La scuola, oggi, è impegnata nel formare intelligenze e competenze per un Paese che dovrà vincere le sfide internazionali, in vista della qualità e dell’innovabilità dei suoi processi e dei prodotti di formazione.
Per raggiungere tali prestigiosi obiettivi, la scuola – e l’intero sistema della formazione – dovrebbe promuovere azioni in grado di innescare processi di cambiamento e di innovazione che non possono prescindere dal cambiamento dei programmi disciplinari, dal ripensamento dei curricoli e dei principi educativi, dalle strategie didattiche, dalla ridefinizione del profilo della professione docente che dovrà sempre più curare la vocazione alla ricerca nel campo dei processi formativi.
All’interno del contesto appena descritto, la qualità della formazione scolastica si definirà sempre di più in base alla capacità di attivare processi interpretativi, critici e progettuali, riguardanti, per un verso, le condizioni di contesto già realizzate o in nuce e, per un altro verso, l’agire soggettivo, le opzioni individuali, le potenzialità, le motivazioni. Il fuoco sul processo formativo, sbocco inevitabile di una riflessione sull’efficacia dell’insegnamento (qualcuno si sognerebbe mai di esprimere un giudizio professionale sulla qualità di un medico senza osservarlo in azione?), complica enormemente il compito della valutazione e mette a dura prova la sua capacità di analizzare e comprendere la realtà educativa. I sistemi di analisi dell’insegnamento sono pensati come strumenti in grado di guidare lo studio di un fenomeno complesso e polivalente quale l’insegnamento attraverso la sua scomposizione in comportamenti osservabili e, almeno in certa misura, quantificabili.
La professione docente presenta un’identità articolata e complessa, in cui si intrecciano diverse variabili. Il cuore dell’attività dell’insegnante sta nella dimensione educativa del suo compito, fondata sulla tensione ideale a “prendersi cura” della persona nella sua globalità, facendosi carico sia dei suoi “bisogni” (talora mutevoli e contingenti), sia delle più profonde esigenze connesse alla dignità della persona come tale: quello che Maritain chiama “personalismo educativo integrale” può considerarsi il nostro orizzonte ideale di riferimento, che coinvolge l’azione didattica, la relazione educativa, il rapporto con i colleghi, i genitori, l’organizzazione del sistema scolastico e la cultura in genere. La modalità specifica con cui l’insegnante realizza tale compito passa attraverso la sua interpretazione dell’azione didattica: l’insegnante educa insegnando, perché è in grado di cogliere il valore formativo dei diversi saperi e delle discipline, di metterne in luce il valore antropologico e di favorire il contatto tra i mondi vitali degli allievi e gli universi culturali di coloro che hanno elaborato forme di conoscenza significative. Tra i bisogni delle persone che crescono vi è infatti quello di essere aiutati nell’opera grandiosa e delicata della maturazione di un insieme di strutture mentali e di pensiero, nel contesto di una determinata cultura, che le giovani generazioni incontrano grazie al lavoro di quelle che le hanno precedute. Un luogo (la scuola) in cui ciò avviene in modo istituzionale ed esplicito, con l’impegno di persone (gli insegnanti) che a questo dedicano la loro vita e gli sforzi della loro intelligenza, riveste un valore strategico essenziale per la realizzazione delle finalità educative.
Perché ciò possa trovare un’ adeguata attivazione non bastano gli appelli alla buona volontà dei singoli, ma occorre una coscienza generalizzata della differenziazione fondamentale a livello istituzionale della funzione docente, cui sono state attribuite mansioni sempre più ampie e complesse con modalità di tipo “sommatorio”, mentre sarebbe necessario un approccio di tipo organico e strutturale, tale da modificare la qualità e la valenza della professione docente. Universalmente riconosciuta - da sempre - è la precipua funzione culturale, mediante la quale le nuove generazioni vengono in contatto con il patrimonio di conoscenze e di valori elaborati dalle generazioni che le hanno precedute e vengono poste in grado di inserirsi in tale processo quali soggetti attivi. A tale funzione si collega l’insieme delle aspettative sociali nei confronti della professione docente che oggi risultano - paradossalmente - molto alte, a fronte di una bassa considerazione della professionalità degli insegnanti (come categoria complessivamente presa).
Sul piano dell’identità professionale della categoria è in corso un processo di evoluzione che dipende dall’evoluzione complessiva del sistema di istruzione e formazione, iniziato già da alcuni anni ed ancora in fase di assestamento. Ciò ha comportato la crescente richiesta di nuove competenze per gli insegnanti: alle tradizionali competenze di tipo culturale e didattico (che restano comunque al centro della professionalità) si sono aggiunte competenze che da sempre hanno fatto parte del patrimonio professionale degli insegnanti e che la contingenza storica in cui ci si trova ad operare ha reso più evidenti:
-        competenze educative, sottolineate anche da specifici progetti del Miur (le cosiddette "educazioni"),
-        competenze organizzative, particolarmente evidenziate  dalla cultura dell'autonomia,
-        competenze progettuali, derivanti dalla capacità propria di ogni insegnante di operare in modo organizzato e consolidate da decenni di sperimentazioni sul campo,
-        competenze valutative, sul versante educativo, docimologico e di sistema,
-        competenze relazionali, sempre più necessarie a fronte delle nuove esigenze sia delle giovani generazioni sia della comunità scolastica e del contesto in cui opera,
-        competenze comunicative, sul piano verbale, non verbale, iconico e multimediale.
Il passaggio stesso - reso necessario nella scuola dell’autonomia - dalla logica del programma/programmazione alla costruzione di curricoli/piani di studio (ora anche personalizzati), modifica in modo significativo le modalità con cui ogni docente può progettare e organizzare il proprio lavoro.
Sul piano della collocazione sociale si è detto che le attese nei confronti della scuola in genere e degli insegnanti in particolare sono elevatissime: sia sul piano culturale, che su quello educativo, quasi che la scuola potesse farsi carico di tutte le contraddizioni che la nostra società non riesce a risolvere. Dall’altro lato il basso livello retributivo, la scarsa - o nulla - possibilità di vedere uno sviluppo professionale riconosciuto, contribuiscono a configurare il quadro di una professionalità non adeguatamente valorizzata rispetto alle elevate aspettative sociali. La modernità contiene al suo interno l’idea di cambiamento, vera e propria modalità caratterizzante la realtà sociale, definibile come fluida, mobile, aperta al nuovo. Questo provoca, soprattutto in coloro che sono collocati nella posizione di educatori, la sensazione di operare in una evidente precarietà e incertezza e di vivere una situazione in qualche misura paradossale: si preparano le nuove generazioni per un futuro non chiaramente definibile e prevedibile ma, al contempo, occorre fornire loro elementi di riferimento, costruire conoscenze e capacità, far interiorizzare valori e regole che strutturino comportamenti adeguati alla convivenza sociale. La sensazione di inadeguatezza può essere quindi un’insidia costante fra genitori e insegnanti; risulta in questo modo comprensibile il tentativo di arginarla trovando ancoraggi su terreni che appaiono più stabili, come la tradizione o le conoscenze che si possiedono. In generale, possiamo quindi sottolineare come la ricerca sugli insegnanti in Italia sia stata svolta soprattutto a fronte di cambiamenti importanti, riguardanti le riforme introdotte e in via di realizzazione, ma anche in relazione al modificarsi del contesto socio-culturale e della domanda-offerta di istruzione. Di rado, invece, la ricerca sociologica è stata svolta in concomitanza con la progettazione delle riforme, per cogliere in che misura gli insegnanti fossero preparati nei confronti delle innovazioni e quali fossero aspettative, orientamenti, bisogni di formazione e aggiornamento. In sostanza, appare illusorio e in larga misura fuorviante continuare a  pensare che gli insegnanti possano cambiare mentre la scuola in cui insegnano rimane immutata, con tutte le sue carenze, nel tempo. Considerare gli insegnanti quali agenti di cambiamento diventa ancora possibile solo nella misura in cui li si ricolloca all’interno di una istituzione che assume su di sé il cambiamento come necessità di riprogettare e riformulare obiettivi e strategie educative, regole e routine di funzionamento. Gli insegnanti, quali protagonisti del cambiamento, vanno pertanto liberati sia dall’eccesso di enfasi e responsabilità verso gli esiti delle innovazioni sia da quella posizione di subordinazione, puramente adattiva, nei confronti di istanze e pressioni vissute spesso come estranee, esogene, coercitive.
Il formatore, a questo punto, come un capitano di lungo corso, tiene il suo diario di bordo, studiando minuziosamente la rotta. Il suo viaggio intorno al mondo è entusiasmante poiché egli conosce la teoria ma non può prevedere le situazioni cui va incontro, novello Ulisse, né le modalità di scoperta e di vissuti perigliosi.

Riferimenti bibliografici


Professionalità docente: atti del Convegno di Caserta, La Scuola e l’Uomo, n.5/6 2003
Moscato M.T, I nuovi bisogni di formazione nella costruzione dei curricoli degli insegnanti, La Scuola e l’Uomo n. 8/9, 2002, pp. 235-250.
Moscato M.T., Un sistema formativo e di sviluppo per la professionalità docente, La Scuola e l’Uomo n. 2/3 - 2002, pp. 47-52.


STRESS OCCUPAZIONALE E MOLESTIE MORALI. INVESTIRE SU SE STESSI, CON O SENZA COMPETENZE, TRA OFFERTA-DOMANDA FORMATIVA E MECATO DEL LAVORO.

articolo di Giuseppina D’Auria

Leggendo il saggio di Marie-France Hirigoyen dal titolo Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, edito da Einaudi nel 2000 e tradotto da Monica Guerra ci si rende subito conto che ognuno di noi, almeno per una volta nella vita, ha vissuto la stessa esperienza: è possibile distruggere qualcuno anche soltanto con le parole, gli sguardi ed i sottintesi; espressioni come violenza perversa o molestia morale si riferiscono a questo tipo di situazioni. È un saggio appassionato sulla sottile violenza che lascia segni nel cuore e nella psiche.
È certo che “la perversione e la malignità serpeggino liberamente, ma soprattutto impunemente, dietro la facciata della nostra vita quotidiana[1]”; in Francia è stata istituita una cattedra universitaria in vittimologia e vengono svolte ricerche e stage di formazione  presso aziende pubbliche e private sulle molestie morali.  
Questo libro affronta un tema di drammatica attualità, che comincia a essere studiato dagli psicologi e considerato anche dalle organizzazioni del lavoro. Il "mobbing" è al centro dell'attenzione di molte riviste e giornali. Con l'apporto di numerose testimonianze, l'autrice analizza le peculiarità dei rapporti perversi e mette in guardia contro ogni tentativo di banalizzazione. Che si tratti di una coppia, di una famiglia o degli impiegati di un'azienda, il processo che porta le vittime nella spirale della depressione, se non al suicidio, è lo stesso.
Affrontando alla larga il discorso facciamo riferimento alle esigenze ed ai mutamenti dell’attuale paradigma formativo-lavorativo entro il quale ognuno è chiamato a re-interpretare le proprie capacità e competenze  professionali  ed a mediare le esigenze avanzate dall’innovazione scientifico-tecnologica con la propria domanda formativa.
Poiché attualmente il lavoro è inteso come una delle manifestazioni dei molteplici ruoli del soggetto, desideriamo esporre brevemente delle situazioni devianti dalla norma in termini di molestie morali e della loro trattazione nel sistema giuridico italiano. La molestia morale è una violenza che non si manifesta  sul piano fisico  ma si esercita attraverso sottintesi, allusioni, sgarbi che si ripetono fino a diventare ossessivi.
In Italia una donna su cinque subisce violenze da parte del partner, in Francia una su nove. Le violenze accertate risultano comunque sempre inferiori a quelle realmente perpetrate, in ragione dell'omertà, della paura, dell'ignoranza delle vittime.
Troppo spesso del fenomeno si riscontra soltanto la parte visibile, ossia l'aggressione fisica. Sebbene sia la prima a essere scoperta e quindi denunciata, questa costituisce solo un aspetto del problema, la parte emersa dell'iceberg. Tutto ha inizio ben prima di zuffe e botte; in principio ci sono comportamenti impropri, intimidazioni, microviolenze che preparano il terreno. Parlando di "donne picchiate", nascondiamo l'essenza del problema. In realtà, è impossibile fare una distinzione fra violenza psicologica e violenza fisica perché, quando un uomo picchia la propria donna, la sua intenzione non è quella di farle un occhio nero, ma piuttosto mostrarle che è lui a comandare e lei non deve far altro che comportarsi bene. Lo scopo della violenza è sempre il dominio.
Le molestie morali sono in agguato ovunque, all’interno del matrimonio e nella vita sociale in genere, nei rapporti con il partner, i figli, i familiari, gli amici, i conoscenti, al telefono con uno sconosciuto, nel traffico delle ore di punta, sulla strada per le vacanze. “Le molestie morali, dice Marie-France Hirigoyen, sono anche e soprattutto sul lavoro”. “E’ senz’altro vero che ciò che accade a volte sul lavoro è perverso, ingiusto e immorale, tuttavia il termine molestie morali, quando viene applicato sul lavoro si rivela, purtroppo, un mero eufemismo.
Ogni uomo interagisce con gli altri mettendo in gioco se stesso attraverso l’esercizio delle proprie competenze. La competenza è intesa come “autonoma e responsabile progettualità esistenziale, rivolta in una pluralità di direzioni, impegnata sul piano interpersonale e collettivo a stabilire rapporti solidali tesi al riconoscimento e al rispetto della differenza ed a promuovere, insieme, la propria e altrui realizzazione[2]”. Torniamo sull’argomento della formazione, nel caso specifico della formazione lungo l’arco di vita, con lo scopo di rendere autentico ed efficace un percorso che si realizza a partire dalla domanda di formazione secondo i nostri bisogni e progettualità.
Ci opponiamo ad una impostazione educativa preordinata e preconfezionata, senza orientamento alle singole progettualità. Avvertiamo l’esigenza di riqualificare sul piano professionale e aggiungere nuove competenze per rispondere meglio le richieste e sollecitazioni che ci vengono rivolte dalla “costante flessibilità dei ruoli”.
Avvertiamo, inoltre, una diffusa “mania di protagonismo esistenziale” al quale non vogliamo e non possiamo sottrarci, con presumibili conseguenze e ricadute sul tessuto sociale di appartenenza. Investire su se stessi è un obiettivo prioritario, che prevede una progettualità educativa che inizia da lontano, e cioè dall’adolescenza, secondo un principio didattico e “interattivo” che tenga conto dei principi della mobilità, della flessibilità, della conversione ma anche dei propri valori e “desiderata”, rendendo tali percorsi intrecciati consapevolmente e trasversalmente alle correnti e alle mode dominanti.
Si tratta di costruire il proprio baricentro in un mare in tempesta, dove flutti e correnti  non hanno più le regole cicliche della natura.
Parliamo di manie di protagonismo esistenziale in quanto, in questo tempo, nessuno può ritenersi competente definitivamente e compiutamente. L’obiettivo da raggiungere è il sapere imparare per “transitare tra diversi saperi con flessibilità cognitiva e disponibilità al cambiamento[3]”. Ciò comporta l’avere la consapevolezza dei propri bisogni e prevede la possibilità del cambiamento esistenziale vissuto come movimento naturale non destabilizzante. Ciò è una autentica competenza che permette di organizzare un ventaglio di possibilità spendibili in direzioni e contesti diversi, quali elementi “vantaggiosi”, che ci rendono autonomi, e non omologhi transformative learning, in grado di performance, abilità e capacità mutevoli e multisfaccettate.
In stretta correlazione con le competenze professionali, assumono un rilievo sempre maggiore gli aspetti emotivo-affettivi e relazionali, in considerazione del fatto che, l’organizzazione sociale del lavoro insiste sul lavoro di gruppo e sulle capacità dei singoli e dei gruppi di interazione, a tutti i livelli organizzativi, per fronteggiare e gestire i processi di trasformazione e mutamento.
Vengono premiate le “strategie di fronteggiamento” nei confronti degli agenti stressanti esterni e\o interni. A tale scopo, vengono sempre più utilizzate nella formazione professionale, iniziale, ricorrente, i concetti e gli scenari relativi alle qualità delle relazioni interpersonali, gli schemi, i copioni comunicativi e interattivi, messi in gioco nell’espletamento dei ruoli, l’ascolto attivo,   l’analisi transazionale, i role-playing e tutte le strategie di derivazione clinica e psicoterapica.
Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo e non possiamo evitare lo stress ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più dai suoi meccanismi[4].
Crediamo di poter essere telegrafici sulle questioni teoriche che riguardano lo stress occupazionale. L’U.E. ha dato suggerimenti molto chiari in proposito, sin dal 2002, in occasione della settimana europea per la prevenzione dello stress occupazionale. I cardini del fenomeno “stress occupazionale” sono: domanda, controllo, ricompensa. Quando uno di questi elementi viene attaccato può entrare in crisi tutto il sistema e ciò può determinare non solo disagio ma anche malattia e morte.
Le conclusioni dell’U.E. sono nel senso di organizzare il lavoro adattandosi all’uomo e non viceversa; riteniamo che tali indicazioni oltre a dover essere globalizzate trovino supporto giuridico in alcuni aspetti della legge 626 del 1994.
In questo lavoro vogliamo considerare solo gli aspetti del problema legati alle molestie morali, sia emozionali che strategiche.
Il mobbing, dall’inglese “to mob” (aggredire, attaccare), viene definito come “terrore psicologico sul posto di lavoro” e si manifesta con atti e strategie persecutorie nei confronti della vittima (mobbizzato/a). Secondo l’Unione Europea nei Paesi membri ci sono circa 12 milioni di persone che subiscono intimidazioni sul luogo di lavoro, pari all’8% della popolazione attiva. In Italia il fenomeno, ancora sottostimato, si attesta sul 4% di vittime tra la popolazione attiva.
La giurisprudenza italiana sta mostrando sempre più una maggiore sensibilità verso questo tipo di problemi, sia attraverso l’emanazione di leggi ad hoc, come la 626/94, sia attraverso le sentenze che richiamano esplicitamente i danni biologici e psicologici derivanti da azioni di mobbing sul luogo di lavoro.
Le relazioni fra azienda e lavoratore sono estremamente varie, complesse e regolate da una serie di norme che definiscono le diverse tipologie di contratto fra le parti.
Chi entra per la prima volta nel mercato del lavoro o chi decide di cambiare posizione lavorativa, si troverà di fronte ad un variegato panorama di contratti di lavoro, alcuni che seguono i vecchi e “tipici” modelli, altri più innovativi, in linea con la eccezionale espansione del “lavoro atipico”.
In questa sede cercheremo di spiegare i punti salienti delle diverse tipologie di contratto, evidenziando la tendenza, oggigiorno presente, verso una progressiva flessibilizzazione del rapporto impresa – lavoratore, conseguenza delle numerose leggi e riforme riguardanti il mercato del lavoro. Sarebbe auspicabile, in ogni luogo di lavoro, l’adozione di un codice che si inserisca all’interno degli indirizzi legislativi finalizzati a garantire la tutela della salute psico-fisica e a quelli che richiamano l’adozione di nuove misure e strumenti, in grado di garantire i fondamentali diritti civili tramite la rimozione degli ostacoli e dei pregiudizi.
Per tali fini è importante prevenire e contrastare l’insorgere di azioni lesive della dignità e dell’iniziativa personale e della massima espressione delle capacità individuali, sia sul fronte dell’organizzazione del lavoro che su quello delle singole relazioni interpersonali, per evitare l’instaurarsi di fenomeni di prevaricazione e di molestia morale, e sensibilizzare a comportamenti che tutelino e valorizzino il benessere psico-fisico delle persone, come valore fondamentale della "salute".
Anche per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, sarebbe opportuno prevenire l’instaurarsi ed il consolidarsi di quei comportamenti che ledono le fondamentali regole del rispetto e della collaborazione fra le persone, considerato che ciò ha diretta ricaduta sulla qualità delle prestazioni e delle relazioni.
Per molestia morale sul luogo di lavoro si intende qualunque condotta impropria che si manifesti attraverso comportamenti, parole, atti, gesti, scritti capaci di arrecare offesa alla personalità o all’integrità fisica o psichica di una persona, di metterne in pericolo l’impiego o di degradarne il clima lavorativo. Fanno parte di questo ambito anche forme di terrorismo psicologico esercitato sul luogo di lavoro (Mobbing), che hanno come scopo quello di emarginare una persona fino a rischiare di distruggerla psicologicamente.
A titolo meramente esemplificativo sono individuate, tra le più diffuse, le seguenti forme di molestia morale in ambito lavorativo:
·                  calunniare o diffamare un lavoratore;
·                  negare deliberatamente informazioni relative al lavoro, oppure fornire informazioni non corrette al riguardo;
·                  sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro;
·                  escludere il lavoratore oppure boicottarlo o disprezzarlo;
·                  esercitare minacce o avvilire la persona;
·                  insultare o assumere atteggiamenti ostili in modo deliberato;
·                  emarginare il lavoratore da progetti che potrebbero essere condivisi con carattere sistematico, duraturo e intenso.
Gli atti vessatori, le critiche ed i maltrattamenti, per avere il carattere di violenza morale, devono mirare a discriminare, screditare o comunque danneggiare il lavoratore nella propria carriera, status, potere formale, potere informale e nella propria integrità di persona.
Effetto di tali atti vessatori può essere la sottostima sistematica dei risultati o l’attribuzione di incarichi molto al di sopra o troppo al di sotto delle proprie possibilità professionali.
Il danno di natura psichica o fisica provocato dagli atti sopradescritti è di rilevante gravità quando pregiudica l’autostima del lavoratore/trice, ovvero si traduce in forme depressive che possono manifestarsi con atteggiamenti apatici, aggressivi o di isolamento e di demotivazione, oppure con disturbi di natura psicosomatica.
Costituisce molestia sessuale ogni atto o comportamento, anche verbale, a connotazione sessuale o comunque basato sul sesso, che sia indesiderato e che arrechi, di per sé o per la sua insistenza, offesa alla dignità e libertà della persona che lo subisce, ovvero sia suscettibile di creare un ambito di lavoro intimidatorio, ostile e dominante nei suoi confronti.
E’ inoltre da intendersi molestia sessuale ogni atto o comportamento che, esplicitamente o implicitamente, influenzi le decisioni dell’Amministrazione riguardanti l’assunzione, il mantenimento del posto, la formazione professionale, la carriera, gli orari, gli emolumenti o altro aspetto della vita lavorativa.
Costituiscono molestie morali e persecuzioni psicologiche, nell’ambito dell’attività lavorativa, quelle azioni che mirano a danneggiare una lavoratrice o un lavoratore e che sono svolte con carattere sistematico, duraturo e intenso da superiori, pari grado, inferiori e datori di lavoro.
E’ inoltre da intendersi molestia morale o psicologica ogni atto o comportamento che esplicitamente o implicitamente, sia lesivo della integrità e della dignità della persona o che ne limiti le potenzialità professionali.
Rientrano nella tipologia della molestia sessuale e/o della discriminazione, comportamenti quali:
a) Richieste esplicite o implicite di prestazioni sessuali o attenzioni a sfondo sessuale non gradite e ritenute sconvenienti e offensive per chi ne è oggetto;
b) Minacce, discriminazioni e ricatti, subiti per aver respinto comportamenti a sfondo sessuale che incidano, direttamente o indirettamente, sulla costituzione, lo svolgimento o l’estinzione del rapporto di lavoro e la progressione di carriera;
c) Contatti fisici fastidiosi e indesiderati;
d) Apprezzamenti verbali offensivi sul corpo e sulla sessualità;
e) Gesti o ammiccamenti provocatori e disdicevoli a sfondo sessuale;
f) Esposizione nei luoghi di lavoro di materiale pornografico;
g) Scritti ed espressioni verbali denigratori e offensivi rivolti alla persona sia per l'appartenenza a un determinato sesso o in ragione della diversità di espressione della sessualità.

 Rientrano nella tipologia delle molestie morali e delle persecuzioni psicologiche comportamenti quali:
a) Atti vessatori e persecutori;
b) Critiche e maltrattamenti verbali esasperati;
c) Offese alla dignità e umiliazioni;
d) Delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni all’Ente;
e) Comportamenti mirati a discriminare, screditare o comunque danneggiare la lavoratrice o il lavoratore nella propria carriera, status, potere formale e informale, grado di influenza sugli altri;
f) Rimozione da incarichi, esclusione o immotivata emarginazione dalla normale comunicazione aziendale, sottostima sistematica dei risultati, attribuzione di compiti inadeguati alle reali possibilità professionali o alla condizione fisica e di salute.  

Al fine di garantire le migliori condizioni di vita nei luoghi di lavoro e a difesa di norme comportamentali idonee ad assicurare un clima relazionale nel quale a tutte le persone siano riconosciuti uguali dignità e rispetto, l’Azienda dovrebbe:
·                  Riconoscere che la qualità della prestazione è condizionata sia dalla professionalità tecnica, etica, deontologica di ogni operatore ed anche dalla valorizzazione della sua dignità professionale e personale. Pertanto ogni operatore dovrebbe venire sensibilizzato a tali valori e stimolato a stabilire buoni rapporti di collaborazione con colleghi e altre figure professionali adoperandosi a costruire un clima rispettoso delle diverse individualità.
·                  Essere impegnata a ostacolare tutti quegli atteggiamenti offensivi che ledendo i diritti umani, civili, culturali, religiosi, contrastano palesemente con una società civile e democratica.
·                  Attivarsi affinché vengano particolarmente perseguite e superate le violenze morali e le modalità comunicative di tipo ostile che sono uno degli aspetti più deleteri del clima lavorativo. Finalità degli interventi preventivi sarebbe pertanto quella di costruire un clima relazionale dove la gestione stessa dei conflitti venga realizzata in modo più sano e consapevole.
·                  La prevenzione dovrebbe venire attuata attraverso specifici trainings di formazione dei dirigenti. Tali interventi formativi sarebbero rivolti alla gestione del clima relazionale nell’ambito dei singoli settori o servizi e alla valorizzazione delle risorse umane, nonché alle necessarie modifiche all’organizzazione del lavoro laddove necessarie a tal fine.
A proposito ricordiamo la Legge Finanziaria del 2004 (legge 24 dicembre 2003:)[5], la Legge Finanziaria del 2005 ( Legge 30 dicembre 2004:)[6] e la Legge sulla Competitività (Legge n.80/05 di conversione del D.L.35/05:)[7], che modifica alcuni istituti della Riforma Biagi (Legge 30/03)[8].
L’obbiettivo ultimo di questa serie di riforme è incrementare i tassi di occupazione regolare e migliorare la qualità del lavoro. Per questo motivo si è deciso di intervenire proprio sulle caratteristiche del lavoro atipico, contrastando l’abuso di forme improprie di flessibilità e introducendo nuove tipologie di lavoro modulato e flessibile.
Le forme contrattuali attuali, classificabili in quattro categorie, sono le seguenti: 1-Lavoro subordinato, 2- lavoro parasubordinato, 3- lavoro autonomo e 4- altre forme di lavoro.
Il contratto di lavoro subordinato è l’accordo con il quale il lavoratore si impegna a prestare la propria attività lavorativa all’interno dell’organizzazione produttiva del datore di lavoro, tenuto a pagare la retribuzione. Dal contratto scaturiscono obblighi per le due parti: il lavoratore, per esempio, dovrà osservare le direttive impartitegli dal datore per lo svolgimento del lavoro, mentre quest’ultimo dovrà, oltre che pagare la retribuzione, garantire la sicurezza nell’ambiente di lavoro.
Una delle clausole più comuni di questa tipologia di contratto è il patto di prova, la cui durata, generalmente prevista dai contratti collettivi, non può superare per legge i sei mesi, e dovrà essere stipulata in forma scritta prima dell’inizio dei rapporti di lavoro, pena la nullità.
Di seguito le tipologie di contratto di lavoro subordinato:
Apprendistato[9]: rapporto in cui l’imprenditore si impegna a impartire/o far impartire la formazione necessaria affinché il lavoratore possa conseguire la capacità tecnica per diventare qualificato. Contratto di Inserimento: contratto che sostituisce il precedente “Contratto di Formazione e Lavoro”. Il Contratto di Inserimento lavorativo porta all’inserimento, o al reinserimento, del lavoratore nel mercato del lavoro mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del soggetto a un determinato contesto lavorativo. È un contratto a termine, di durata non inferiore a 9 mesi e non superiore a 18 mesi (nel caso di portatori di handicap può arrivare fino a 36 mesi).
Contratto a Tempo Determinato: il contratto di lavoro a termine può essere stipulato quando vi siano ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che richiedono un incremento di manodopera per un periodo di tempo limitato. Si può pensare, ad esempio, ad incrementi di attività dovuti a circostanze eccezionali, alle attività stagionali, alla sostituzione di lavoratori assenti per malattia, ferie, ecc. L’assunzione a termine non è invece ammessa nei seguenti casi: per sostituire lavoratori in sciopero; per le aziende che abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti l’assunzione (salvo alcuni casi particolari indicati dalla legge); per le aziende che sono ammesse alla Cassa Integrazione Guadagni; per le aziende non in regola con la normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
Lavoro Ripartito (job sharing): il lavoro ripartito, o job sharing, è uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono insieme l’adempimento di un’unica ed identica obbligazione lavorativa. I prestatori si impegnano pertanto a coprire la prestazione lavorativa e possono determinare a tal fine discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra loro; possono modificare consensualmente la collocazione temporale dell’orario di lavoro, anche per sopperire all’impossibilità della prestazione da parte di uno dei due.
Lavoro Intermittente (job on call): il lavoro intermittente è un contratto mediante il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro, che può utilizzare la prestazione lavorativa quando ne ha effettivo bisogno. Questo tipo di contratto può essere instaurato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato e, diversamente dal contratto di somministrazione, è stipulato direttamente tra datore di lavoro e lavoratore. Questa tipologia di contratto può essere indirizzata solo a giovani disoccupati con meno di 25 anni e a lavoratori con più di 45 anni “espulsi” dal ciclo produttivo (licenziati o iscritti in lista di mobilità e presso i Centri per l’impiego come disoccupati). I lavoratori che non rientrano in queste categorie possono stipulare questo tipo di contratto solo per prestazioni discontinue e non individuate dai contratti collettivi di lavoro o, in assenza, dal Ministero del Lavoro con apposito decreto ministeriale.
Somministrazione di lavoro: contratto che sostituisce il precedente “Lavoro Interinale”. Con la somministrazione di lavoro si instaura un particolare tipo di contratto di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti: il somministratore, l’utilizzatore e il lavoratore. Il lavoratore è assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attività presso l’utilizzatore (c.d. missione). Tra somministratore e utilizzatore viene stipulato un contratto di fornitura di manodopera, che è un normale contratto commerciale.
Part-Time: il contratto di lavoro a tempo parziale prevede un orario inferiore rispetto a quello normale indicato dalla legge o dal contratto collettivo. Si distinguono tre tipologie di lavoro part-time: Orizzontale (riduzione dell’orario normale giornaliero di lavoro); Verticale (attività lavorativa svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi determinati della settimana, mese e anno) e Misto (combinazione dei precedenti).
Lavoro a progetto: il lavoro a progetto sostituisce la precedente accezione di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, regolamentandone sia la forma contrattuale che la finalità. Il contratto di lavoro a progetto deve avere forma scritta e deve indicare: la durata (determinata o determinabile in base al raggiungimento di un determinato obiettivo); il progetto; il programma o la forma di lavoro; l’ammontare del corrispettivo erogato; l’indicazione dei tempi e modi di pagamento; l’indicazione delle modalità di retribuzione di determinati rimborsi o spese; le forme di coordinamento del lavoratore con il committente e le misure di sicurezza adottate nei confronti del lavoratore.
Lavoro occasionale: la collaborazione occasionale è caratterizzata da un duplice requisito: durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente e un compenso non superiore a cinque mila euro nello stesso anno solare e con lo stesso committente.  
  • Lavoro parasubordinato
Il contratto di lavoro parasubordinato si pone al confine tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, presentando elementi tipici dell’uno e dell’altro.
Questa forma contrattuale non prevede l’instaurarsi di un rapporto di lavoro dipendente, ma è una prestazione lavorativa in cui le modalità di lavoro, la durata ed il relativo compenso sono stabiliti da un contratto stipulato dalle parti.
Tale contratto non obbliga né all’iscrizione ad albi professionali, né l’apertura di una partita IVA ed è applicabile a chiunque: disoccupato, inoccupato o in cerca di altra occupazione (art. 2094 c.c.; D.Lgs. 26 maggio 1997; Art. 2106 c.c.).
Di seguito le tipologie di lavoro parasubordinato:
Collaborazioni Coordinate Continuative: i collaboratori coordinati e continuativi sono lavoratori che svolgono la loro attività con regole stabilite in un contratto di lavoro individuale nel quale sono fissati la durata, le modalità e il compenso del lavoro. Questo tipo di contratto non prevede automaticamente l’unicità della prestazione, pur potendo prevedere in alcuni casi l’esclusività. Il lavoratore, quindi, può accedere ad altri contratti di collaborazione, a meno che non ci sia un esplicito divieto dettato da una norma precisa del contratto individuale. La collaborazione coordinata e continuativa non obbliga all’apertura di partita Iva.
Lavoro a Progetto: si tratta di nuovo contratto recentemente regolato dal decreto legislativo 276/03 con l’intento teorico di limitare l’uso di quelle collaborazioni coordinate e continuative, che - avvalendosi di un ridotto costo del lavoro - nella sostanza mascherano rapporti di lavoro dipendente. In realtà anche la nuova norma, senza un adeguato intervento della contrattazione collettiva, consente di celare dietro a un contratto a progetto un rapporto di lavoro dipendente a tutti gli effetti.
Collaborazioni occasionali: si tratta di “attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mondo del lavoro, ovvero in procinto di uscirne” (art. 70, comma 1). L’istituto in esame è una novità introdotta dalla legge di riforma del mercato del lavoro. Tale scelta legislativa risponde a due diverse finalità: da un lato, l’intento di tutelare quelle forme di lavoro che, per il loro carattere “secondario” e discontinuo, rischiano di sfuggire alle tutele fornite dalle disposizioni legislative, rimanendo spesso nel mondo del sommerso; dall’altro, l’impegno a favorire l’inserimento di fasce cosiddette “deboli” nel mondo del lavoro.
·       Lavoro autonomo
Possiamo definire “lavoro autonomo” qualsiasi prestazione compiuta senza vincoli di subordinazione; sono attività di lavoro autonomo, per il Codice Civile, sia quelle svolte dagli imprenditori sia quelle svolte dai professionisti, dagli artisti, dai consulenti
Appalto: l’appalto è il contratto con il quale una parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro.
Associazione in Partecipazione[10] : l’associazione in partecipazione è disciplinata dall’art. 2594 c.c. è consiste nell’apporto in capitale o in prestazione lavorativa, che l’associato da ad una impresa in cambio della partecipazione agli utili della stessa.
Va evidenziato che la gestione della società resta interamente nelle mani del titolare anche se la sua gestione dovrà essere improntata in modo tale da non pregiudicare le aspettative dell’associato.
Tale rapporto, pertanto, non origina un rapporto associativo.
Lavoro Accessorio: per prestazioni di lavoro accessorio s’intendono tutte le attività lavorative occasionali rese da soggetti che non hanno ancora fatto ingresso nel mercato del lavoro o che rischiano l’esclusione sociale. La attività non può superare i 30 giorni nel corso dell’anno e non dà luogo a compensi maggiori di 3000 euro complessivi. Nello specifico, possono utilizzare questo contratto, i lavoratori extracomunitari, i pensionati, gli studenti, le casalinghe, i disoccupati da oltre un anno, i disabili e le persone in comunità di recupero rivolgendosi ai servizi per l’impiego delle province nell’ambito territoriale di riferimento.
Lavoro Autonomo Occasionale[11]: questo contratto disciplina l’affidamento di un incarico ad un qualsiasi soggetto (lavoratore dipendente, autonomo, professionista, pensionato, disoccupato, studente, ecc.) per una prestazione di lavoro occasionale, svolta nella piena autonomia, al di fuori della struttura organizzata del committente, libera da vincoli di orario e senza carattere di continuità o ripetitività dell’incarico.
·       Altre forme di lavoro:
Tirocinio (Stage): contrariamente al contratto di lavoro, l’obiettivo principale del contratto di tirocinio non consiste nella prestazione lavorativa eseguita dietro retribuzione, bensì nella formazione della persona in formazione. Le disposizioni legali del contratto di lavoro si applicano in generale anche al contratto di Tirocinio, ma questo contratto comporta anche altre disposizioni particolari. Il contratto di lavoro dei/delle tirocinanti deve in particolare essere concluso per iscritto e approvato dall’autorità competente. In linea di massima il contratto di tirocinio viene concluso per tutta la durata della formazione professionale di base. Trascorso il periodo di prova, il contratto non può più essere disdetto fino al termine della formazione, salvo nel caso in cui la disdetta venga data per cause gravi.
Tirocini Estivi di Orientamento: la legge li definisce come tirocini promossi durante le vacanze estive a favore di un adolescente o di un giovane, regolarmente iscritto a un ciclo di studi (università o qualsiasi istituto scolastico di ogni ordine e grado) con fini orientativi e di addestramento.
Piani di Inserimento Professionale: hanno lo scopo di migliorare la formazione e di facilitare l’inserimento professionale dei giovani nelle aree del mezzogiorno e nelle altre aree depresse. I progetti sono realizzati dal Ministero del lavoro d’intesa con le Regioni interessate e prevedono periodi di formazione e di esperienze lavorative presso le imprese.
Al termine il datore di lavoro può assumere il giovane con Contratto di Formazione Lavoro.
“Può succedere che il rapporto perverso sia l’elemento costitutivo di una coppia, dato che i partner si sono scelti; non è però il fondamento di un rapporto all’interno di un’azienda”[12].
Ci si può quindi servire del modello, manifesto nel caso della coppia, per comprendere certi comportamenti che vengono alla luce in azienda. La molestia e la violenza sono qui frutto di perversità. Le grandi perversioni distruttrici sono molto meno frequenti, ma si tende a banalizzare le piccole perversioni quotidiane.
Nel mondo del lavoro, nelle università e nelle istituzioni, i comportamenti molesti sono molto più stereotipati che nella sfera privata. Non per questo risultano meno distruttivi, anche se le vittime vi restano esposte per meno tempo in quanto nella maggior parte dei casi scelgono, per sopravvivere di andarsene (congedo per malattia o dimissioni).
“Contrariamente a quanto i loro aggressori cercano di far credere, le vittime non sono in partenza persone colpite da qualche particolare patologia o particolarmente fragili. Al contrario molto spesso la molestia si instaura quando una vittima reagisce all’autoritarismo di un capo e rifiuta di lasciarsi asservire. A designarla come bersaglio è la capacità di resistere all’autorità malgrado le pressioni”[13].
La molestia è possibile perché preceduta da una svalutazione della vittima da parte del perverso, accettata e poi garantita dal gruppo. Essa fornisce una giustificazione a posteriori della crudeltà esercitata contro la vittima e induce a pensare che abbia meritato quello che le capita.
“Quando il processo di molestia è in atto, la vittima viene stigmatizzata: si dice che è una persona con la quale è difficile convivere, che ha un cattivo carattere o addirittura che è pazza. Si attribuiscono alla sua personalità le conseguenze del conflitto e si dimentica quello che era prima o quello che è in un altro contesto”. “Una persona molestata non può essere al massimo de suo potenziale: è disattenta, inefficiente e offre il fianco alle critiche sulla qualità del suo lavoro”[14].  Il comportamento di un gruppo non è la somma dei comportamenti degli individui che lo compongono; il gruppo è una nuova entità che ha i suoi specifici comportamenti. “Freud ammette la dissoluzione delle individualità nella massa e vi vede una duplice identificazione: orizzontale in relazione all’orda e verticale in rapporto al capo”[15]. La situazione classica è quella del subordinato aggredito da un superiore, molto più rara è la situazione opposta. L’azienda lascia che un individuo diriga i suoi subordinati in modo tirannico o perverso perché le fa comodo o non le pare importante. La tattica utilizzata consiste nell’impedire ad una vittima di reagire, rifiutando la comunicazione diretta; tutti i tentativi di spiegazione non hanno altro effetto che vaghi rimproveri e lasciano il posto a tutte le interpretazioni e a tutti i malintesi. Si mira a squalificare, utilizzando il registro della comunicazione non verbale oppure non detti, sottintesi, allusioni destabilizzanti o malevole, osservazioni sgarbate, insinuando, poco a poco, il dubbio sulle competenze professionali di n lavoratore, rimettendo in discussione tutto quello che fa. Per annientare l’altro lo si ridicolizza, lo si umilia, lo si copre di sarcasmi fino a fargli perdere fiducia in sé, screditandolo, isolandolo privandolo progressivamente di tutte le informazioni, angariandolo e spingendolo all’errore.
“La molestia sessuale è solo un gradino più in là rispetto alla molestia sessuale. Riguarda i due sessi, ma la maggior parte dei casi descritti e denunciati concernono donne aggredite da uomini, il più delle volte loro superiori gerarchici. Non si tratta di ottenere favori di natura sessuale, quanto piuttosto di dimostrare il proprio potere, di considerare la donna come proprio oggetto (sessuale)”[16].
Il punto di partenza della molestia è l’abuso di potere. Certe lotte sono impari fin dall’inizio. È ciò che avviene con un superiore gerarchico o quando un individuo riduce la sua vittima ad una condizione di impotenza per poi aggredirla in tutta impunità, senza che si ossa replicare. “Non si deve banalizzare la molestia facendone una fatalità della nostra società. Non è la conseguenza della crisi economica attuale, è solo una deriva del lassismo organizzativo”[17].



[1] Hirigoyen M. F., Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000, p. 235.
[2] Cambi F.- Contini M., Investire in creatività. La formazione professionale nel presente e nel futuro, Roma, Carocci Editore, 1999, p. 53.
[3] Ibidem, p. 58.
[4] Ibidem, p, 191.
[5] www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria2004/art.3.html
[6] www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/finanziaria2005/index.html
[7] www.senato.it/parlam/leggi/05080l.htm
[8] www.sportellounico.comune.torino.it/cala/dwd/capire-riforma.pdf
[9] www.provincia.torino.it/sportello-lavoro/file-storage/download/word/Piemonte_apprendistato.professionalizzante.doc
[10] www.inps.it/inform
[11] www.anci.emilia-romagna.it/documenti/npr-09042005.htm
[12] Hirigoyen M. F., Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000, p. 51.
[13] Ibidem, p. 56.
[14] Ibidem, p. 57.
[15] Ibid., p. 58.
[16] Hirigoyen M. F., Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000, p. 69.
[17] Hirigoyen M. F., Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2000, p. 93.

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