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venerdì 24 luglio 2015

L’orientamento? E’ cosa di tutti

sito web https://slosrl.wordpress.com/2015/06/05/lorientamento-e-cosa-di-tutti/
JacekYerka5__700-600x609Gli autori del post sono Roberto Piccinini – Responsabile Servizio Istruzione, Formazione, Lavoro e Giovani della Provincia di Mantova, Sabrina Magnani – Responsabile Ufficio Istruzione e Programmazione formativa, Alessandra Tassini – Responsabile Ufficio Pari Opportunità, Orientamento e Giovani  e Francesca Oliva, consulente di SLO 

In periodi di crisi economica e lavorativa, il tema dell’orientamento, delle scelte formative e professionali sembra paradossalmente passato in secondo piano rispetto ad altri temi apparentemente più urgenti. Sembra che la capacità degli individui di scegliere, promuoversi, ricercare attivamente le direzioni del proprio destino personale e professionale siano diventate meno importanti degli aspetti contrattuali e strutturali.
Esistono invece realtà in cui non solo questo tema non è passato di moda ma è stato oggetto di azioni mirate e specifiche, e per certi versi innovative. Parliamo della Provincia di Mantova e del suo Piano dell’Orientamento, di cui SLO ha curato come terza parte la valutazione ed il monitoraggio.
Forte delle risorse provenienti dall’Atto negoziale – Ambito Istruzione  –  stipulato con la Regione Lombardia in attuazione della legge regionale n. 19/2007 art. 6 “Norme sul sistema educativo di Istruzione e Formazione della Regione Lombardia”, la Provincia di Mantova ha promosso il coinvolgimento degli attori locali  operanti nella formazione, nell’istruzione, nel lavoro, nel terzo settore e nelle pari opportunità  attraverso l’invito alla sottoscrizione nel 2012 di un “Protocollo di intesa per l’attivazione nella provincia di Mantova di un Rete Provinciale dei servizi per l’orientamento formativo e professionale”.
I riferimenti metodologici del Protocollo di intesa sono stati la definizione di Orientamento adottata nella  Risoluzione del Consiglio Europeo del 2004, come “Orientamento lungo tutto l’arco della vita” e il documento  del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali “Prospettive di sviluppo di un sistema nazionale di orientamento” che sottolinea una accezione di orientamento inteso come attività processuale, legata all’intero percorso di vita della persona, trasversale ai diversi sistemi di istruzione e formazione, del lavoro, sociale, con attenzione al genere e all’inclusione sociale, diacronico rispetto alla vita della persona.
Il Protocollo di intesa ha raccolto l’accordo dei sottoscrittori attorno a tre obiettivi fondamentali:
  1. Definizione e attuazione di un efficace sistema di orientamento basato sull’integrazione tra le politiche dell’ istruzione, della formazione e lavoro e delle pari opportunità attraverso l’attivazione di una rete territoriale permanente tra i diversi attori che si occupano di orientamento scolastico e lavorativo;
  2. Superamento della frammentarietà degli interventi e razionalizzazione delle risorse economiche impiegate, integrazione e valorizzazione delle competenze professionali espresse dagli operatori;
  3. Individuazione delle linee strategiche di indirizzo e predisposizione di un coerente Piano di azione operativo annuale che individui le diverse attività e interventi di orientamento e un efficace sistema di monitoraggio e valutazione degli stessi
Ciò che ha trasformato il Protocollo da una intesa formale a strumento di conseguimento degli obiettivi è stata l’azione di progettazione partecipata avviata successivamente dalla Provincia.
L’atto formale di sottoscrizione del Protocollo di intesa è stato infatti accompagnato, in una fase successiva, da un percorso di progettazione partecipata che ha chiamato tutti i soggetti in gioco a partecipare a quattro Tavoli di lavoro, corrispondenti alle quattro fasi di vita dell’individuo all’interno del processo di orientamento, sulla base dei ruoli tecnici, delle funzioni e attività svolte dagli Enti e dalle organizzazioni coinvolte e delle candidature di partecipazione.
Il percorso di progettazione partecipata, dopo una prima fase di mappatura e condivisione tecnica e politica con gli stakeholder del territorio ha coinvolto in quattro incontri per ciascun Tavolo, soggetti molto diversi fra loro: istituzioni pubbliche, organizzazioni del privato sociale, imprese, istituti scolastici, sindacati, associazioni. Agli incontri dei Tavoli sono stati invitati a partecipare rappresentanze dei diversi Enti e organizzazioni con un ruolo tecnico e una prospettiva e competenza specifica da condividere.
In questa fase i referenti della Provincia hanno avuto un ruolo di facilitatori del processo e catalizzatori di risorse e idee: hanno raccolto le candidature e coinvolto  i partecipanti, organizzato e coordinato i lavori dei Tavoli, facilitato e proposto la mappatura dei servizi e delle attività in essere, tenuto traccia e fatto sintesi dei temi emersi durante gli incontri, elaborato e proposto all’attenzione dei partecipanti le strategie e gli indirizzi condivisi legati ai temi emersi.
Ciascun Tavolo ha individuato, infine, un focus/priorità da cui è poi scaturita la proposta di un’azione sperimentale che l’amministrazione provinciale ha condiviso, supportato e sostenuto.
Il processo attivato è stato un processo bottom-up: la scelta dei Focus da parte dei diversi Tavoli ha contribuito a determinare le scelte della Provincia rispetto a quali azioni/progetti di orientamento privilegiare all’interno delle quattro macroaree orientative individuate: istruzione e formazione, ingresso nel mondo del lavoro, esperienza lavorativa ed uscita dal mondo del lavoro. Complessivamente sono stati finanziati 17 Progetti per più di 355.000 euro, distribuiti su tutto il territorio provinciale.
Il Piano tuttavia, oltre ad individuare le priorità territoriali in materia di orientamento e a finanziarle attraverso gli avvisi relativi, ha anche contribuito a definire nuovi scenari e ambiti per i processi territoriali dell’orientamento. Il ruolo che la Provincia di Mantova si è ritagliata, ha consentito di  facilitare l’attivazione di nuove reti e collaborazioni tra attori mettendo così le basi per lo sviluppo di nuovi progetti e per l’accesso a ulteriori finanziamenti.
Le scelte della Provincia hanno avuto un riconoscimento significativo dal momento che il Piano dell’Orientamento di Mantova è stato considerato esperienza pilota di riferimento per il nuovo Sistema Regionale dell’Orientamento permanente – DGR Regione Lombardia n. 2191 del 25/07/2014.
La realizzazione del Piano ha evidenziato ampi spazi per lo sviluppo delle politiche di orientamento che potranno beneficiare del nuovo quadro delineato dalle scelte regionali. Da questo punto di vista le indicazioni regionali ex d.g.r. 2191/2014 “Interventi per la promozione dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita –approvazione del sistema regionale dell’orientamento permanente” e il successivo  D.d.u.o. 1 dicembre 2014 – n. 11338 “ Assunzione impegno di spesa a favore delle Province lombarde e approvazione delle modalità operative per l’attuazione del sistema regionale dell’orientamento permanente ai sensi della d.g.r. 2191/2014” delineano uno scenario interessante che consente uno sviluppo delle potenzialità espresse dal Piano.
In questo contesto il monitoraggio del Piano si è rivelato uno strumento che ha ampliato la consapevolezza degli attori consentendo di coglierne gli elementi distintivi e ha agevolato la definizione delle linee di sviluppo sull’orientamento nel territorio mantovano.
Roberto Piccinini,  Sabrina Magnani, Alessandra Tassini, Francesca Oliva

PARTE LA RIFORMA DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO

17 giugno 2015 di slosrl

Autore Sergio Bevilacqua, sito web https://slosrl.wordpress.com/2015/06/17/parte-la-riforma-dei-servizi-per-limpiego/ 
immagine cpiMessaggio a chi lavoro nei centri per l’impiego, nelle province, negli enti accreditati, per chi è senza lavoro. Finalmente si mette mano ai servizi pensando ad innovare . . . era ora! Si danno indicazioni a chi lavora nei servizi e a chi li usa. Nell’ordine una breve sintesi, una sorta di bigino per un primo orientamento
  • Nasce un’agenzia nazionale che accorpa ministero del lavoro, INPS (per ciò che concerne gli ammortizzatori, INAIL, strutture regionali, provinciali, centri per l’impiego e attenzione anche i fondi interprofessionali (per esempio fondimpresa, foncoop …)
  • L’agenzia garantirà i servizi (livelli essenziali di prestazione) per le persone senza lavoro: orientamento, tirocini, formazione
  • Il Ministero stipula un convenzione con ogni regione per gestire i livelli essenziali e in quella sede si deciderà come coinvolgere gli accreditati
  • Le convenzioni andranno concordate entro il 30 settembre!Finalmente una data certa
  • Le regioni che non riusciranno ad assicurare i livelli minimi concorderanno una gestione diretta dei servizi da parte dell’agenzia
  • Si riconosce lo status di disoccupato anche ai lavoratori autonomi, è una novità innanzitutto culturale
  • Compare la figura del “disoccupato parziale” cioè chi genera un reddito inferiore al minimo esente da imposizione fiscale
  • Ci sarà un profilo della persona disoccupata che corrisponde ai bisogni della persona che si rivolge ai servizi (profilazione); chi opera in Lombardia consoce già questa modalità
  • La relazione tra disoccupato e agenzia è regolato da un patto di servizio e da un progetto che implica diritti e doveri (condizionalità). Tra i doveri la presenza alle convocazioni, ai percorsi di orientamento, alla formazione, l’accettazione di proposte di lavoro coerenti con il profilo.
Dopo più di quindi anni lo Stato italiano mette mano ai servizi per l’impiego. E’ una grande novità, tanto invocata e in sua attesa ha regnato uno stato di incertezza che ha prodotto disorientamento e demotivazione tra gli operatori delle strutture pubbliche.
Adesso si tratta di far decollare i nuovi servizi e le nuove organizzazioni. Ci sarà tanto lavoro da fare, il percorso è lungo.  Cercasi persone che intendano tirarsi su le maniche.

Una bussola per i nuovi servizi per l’impiego: una proposta di metodo

24 luglio 2015 di slosrl
Articolo di Sergio Bevilacqua, Alida Franceschina dal sito https://slosrl.wordpress.com/2015/07/24/una-bussola-per-i-nuovi-servizi-per-limpiego-una-proposta-di-metodo/
Gli autori del post sono Sergio Bevilacqua, esperto di interventi rivolti alle organizzazioni che erogano i servizi per l’impiego e Alida Franceschina, esperta di interventi rivolti a persone senza lavoro.
foto blog
Il Jobs Act è in dirittura di arrivo, uno dei decreti legislativi in discussione riguarda i servizi per l’impiego pubblici e privati, il ruolo delle regioni nella gestione dei servizi, la destinazione delle funzioni in passato demandate alle province, il collocamento mirato delle persone disabili e i diritti/doveri delle persone disoccupate. Finalmente tante novità che ci dicono di una rinnovata attenzione dello Stato e delle regioni verso i servizi per il lavoro. Dopo una lunga stagione di abbandono ripartono i lavori e pensiamo che chi opera nei servizi pubblici avrà finalmente indicazioni, per ora di massima, che conferiscono un senso di orientamento dopo un lunghissimo periodo di incertezza. Diversa invece la situazione di chi opera in quelli privati, soprattutto in Lombardia dove ferve il dibattito sui rischi della qualità dei servizi
Come sempre quando partono i lavori di un nuovo edificio, in questo caso l’avvio dell’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), si deve far fronte a tanti temi da gestire in contemporanea: le convenzioni tra Ministero e regioni ed il loro livello di autonomia, la definizione dei livelli essenziali di prestazione, il nuovo sistema informativo.
A noi sembra fondamentale considerare nelle future politiche dell’ANPAL la presa in carico delle persone senza lavoro perché costituisce il centro del problema. Perché in questo momento, con tutti i problemi organizzativi, gestionali,di definizione del sistema delle relazioni è così importante parlare di presa in carico della persona disoccupata?
Perché la letteratura dice che una persona senza lavoro soffre un trauma doloroso che indebolisce e a volte annulla, le capacità di ricerca attiva del lavoro . Ne abbiamo parlato varie volte in questo blog analizzando da vicino casi concreti. Se la persona ha un supporto che le permette di rileggere l’esperienza della perdita del lavro, di definire un proprio progetto professionale alternativo potrà farcela a rimettersi in pista, a cercare un lavoro, ad avere un atteggiamento “attivo”.  Se poi alle condizioni di fragilità personali si aggiungono obsolescenza del profilo ricoperto, età, bassa scolarità, il sostegno per il nuovo inserimento al lavoro diventa strategico.
In Lombardia fra operatori privati, enti accreditati della formazione professionale, organizzazioni sindacali è molto diffuso il giudizio positivo sull’efficacia dei servizi per il lavoro, ritenendo l’indicatore del numero di occupati creato dai servizi un elemento fondamentale. Sembrerebbe logico ovviamente, ma forse è il caso di approfondire la questione con un po’ di pazienza. Proviamo a farlo analizzando due casi.
Se un’agenzia trova lavoro ad una persona che è attiva al punto di procurarsi autonomamente dei buoni collegamenti con il mercato del lavoro e ha addirittura a disposizione un possibile datore di lavoro, l’agenzia investe denaro pubblico su una persona che con grandissima probabilità si sarebbe ricollocata da sola.
Se invece l’agenzia contatta l’azienda segnalata da un utente che per varie ragioni è in difficoltà a concludere la relazione avviata autonomamente con l’impresa, sicuramente apporta un contributo risolutivo perché evita i rischi legati alle incertezze di una gestione autonoma del contatto da parte del singolo utente. Però non abbiamo un’idea del livello di tenuta di quell’utente, né sappiamo, in caso di assunzione a tempo determinato, quanto quell’utente sarà in grado di ricollocarsi autonomamente.
Nel primo caso abbiamo un’assunzione, un successo in tempi di crisi, quindi apparentemente un dato incontrovertibile. Ma l’efficacia di quell’investimento rimane relativa e tutta da dimostrare:  l’indicatore del posto di lavoro da solo non è sufficiente a dare una adeguata valutazione dell’efficacia del servizio erogato. Nel secondo caso abbiamo addirittura il rischio di una cronicizzazione della dipendenza: se la persona non ce la fa a ricollocarsi al termine del contratto è quasi sicuro che si ripresenterà all’agenzia. A questo punto è necessario chiedersi quale sia il costo reale del servizio e quale sia l’efficacia
Ma se il modello di presa in carico non prevede un’attenta valutazione della domanda dell’utenza distinguendo fra i bisogni della persona senza lavoro, il rischio è la proposizione di un servizio uguale per tutti. Con esiti che potranno favorire l’utilizzo di risorse per la ricollocazione dei disoccupati forti cioè quelli attivi e propositivi, l’elevato rischio di cronicizzazione di quelli meno forti, cioè attivi ma con maggiori difficoltà e la marginalizzazione di quelli deboli che per vari motivi faticano ad attivarsi.
L’attuale “profilazione”, neologismo che intende l’attribuzione di un punteggio in base alle caratteristiche dell’utente, non prevede in alcun modo di considerare i vissuti della persona senza lavoro. Non è prevista una procedura che lo consenta e soprattutto non c’è la consapevolezza dei rischi di una mancata considerazione di questi aspetti.
Anche le indicazioni attuali previste dal decreto legislativo e non solo l’esperienza lombarda, si muovono in una direzione in cui al centro dell’attenzione si pone l’organizzazione che prende in carico la persona disoccupata. E le osservazioni che arrivano dagli attori lombardi confermano questa impostazione del dibattito.
In una recente intervista che ci ha visto coinvolti con Paola Fontana che propone i gruppi di auto aiuto per persone disoccupate, abbiamo cercato di spiegare la centralità di un approccio che deve partire dai bisogni cui si intende dare una risposta.
Il forte rischio è che per altri anni si centri l’attenzione sull’organizzazione che intercetta l’utente, pubblica o privata che sia. Reiterando una mancanza di attenzione nei confronti dell’analisi della domanda e delle caratteristiche delle persone che si presentano al servizio. Come se nell’impostazione strategica da conferire ai servizi per il lavoro si desse attenzione al ruolo ricoperto dall’attore che eroga il servizio e non al tipo di domande poste da chi si rivolge ai servizi.
Sarebbe un peccato correre il rischio di perdere l’occasione per ripensare al ruolo dei servizi per l’impiego, per ridefinire le politiche attive, per valutare l’efficacia degli esiti e degli indici di rating utilizzati fino ad ora.
Potrebbe essere utile nella ridefinizione dei servizi attingere dalle esperienze sviluppate nell’ inserimento lavorativo dei disabili dove da anni si è sperimentata la collaborazione fra pubblico e privato evitando un approccio stereotipato alla profilazione dell’utenza per comprenderne invece i bisogni individuando percorsi efficaci che ottimizzassero le scarse risorse a disposizione.
La pianificazione della strategia dei servizi per l’impiego richiede, come sempre accade nei casi di ridefinizione dei servizi, la capacità di immaginare sintesi nuove introducendo soluzioni innovative e favorendo integrazioni di  politiche che fino ad oggi sono rimaste inutilmente distanti.

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